Giulio Lolli, il latitante parla dalla Libia

L'ex presidente di Rimini Yacht: "La latitanza non mi ha cambiato: adoro le donne e gli hotel di lusso"

Giulio Lolli

Giulio Lolli

Rimini, 25 aprile 2016«SONO le decisioni che prendi a trasformarti nel personaggio». A Giulio Lolli non fanno difetto nè le decisioni nè la personalità. Da sei anni è latitante in Libia, inseguito dalla giustizia italiana per il buco colossale e le truffe fatti con la Rimini Yacht. Da signore della nautica di lusso a reietto in fuga? Per niente. E se sul suo conto esce qualcosa che non gli piace, ti telefona.

Quando si decide a tornare in Italia?

«Non ci penso per niente. Sarei disposto ad affrontare il processo per le truffe, e quelle non le nego, ma mi hanno accusato anche di estorsione. Non mi faccio mettere in galera per un’accusa così infamante e falsa. Quel magistrato mi odia».

Come ha fatto a scappare un attimo prima di venire arrestato?

«Quello è stato un colpo di fortuna, me lo sentivo nelle ossa che stava per succedere qualcosa. Chiamatelo il sesto senso dell’avventuriero che in fondo sono. Ho agito d’istinto, se l’avessi programmato l’avrei fatta meglio».

Con quanti soldi è fuggito?

«Pochissimi. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per salvare la Rimini Yacht. Mi sono ingradito troppo e sono finito nei casini. Non ho intascato niente, o mi sarei comprato un isola e sarei lì a godermela. A Tripoli sono sbarcato che ero quasi a secco».

Pentito di essere diventato un truffatore?

«No, mi è venuto naturale farlo, non ci ho pensato due volte. Il primo leasing farlocco l’ho fatto nel 2007».

Nemmeno di aver corrotto dei finanzieri?

«Credetemi, non è stato difficile per la buona ragione che sono stati loro a venire a cercarmi».

Un suo amico, ufficiale della Guardia di finanza, si è suicidato e hanno dato la colpa a lei.

«Lui era un grand’uomo, ma io non sono colpevole della sua morte. Credo si sia ucciso per la paura di affrontare la pubblicità che sarebbe derivata dal suo coinvolgimento. In questa storia non ci sono vittime, tranne le società di leasing. Delle banche non mi importa, quelle gli sta solo bene».

Adesso come campa?

«Quello che facevo prima, faccio service su barche militari e governative, ne vendo alcune, altre le porto qui. Oltre alle missioni per portare gli sfollati della guerra in ospedale».

E’ diventato buono?

«Faccio sul serio. Quando sono scappato dal carcere ho scelto di arruolarmi con i rivoluzionarmi. Mi hanno anche sparato addosso».

Ha ucciso qualcuno?

«Ho sparato, non se se li ho colpiti».

Dove abita?

«A Tripoli, al piano di sopra di una villa».

E’ diventato ricco di nuovo?

«Non proprio, ma non mi posso lamentare. Certo, ai vecchi tempi ho avuto anche undici Maserati, e tutto quanto volevo».

Alberghi di lusso, un bel po’ di donne. E’ ancora così?

«Per gli alberghi, se devo scegliere scelgo sempre il migliore, quanto alle donne, io le adoro».

E’ fidanzato?

«Non rispondo per rispetto dei miei figli».

A proposito dei suoi figli. Sono rimasti a Bertinoro insieme alla sua ex moglie, li sente mai?

«Non solo li sento, ma li vedo anche spesso. Vengono a trovarmi quando possono insieme a mia madre. E’ l’unica cosa che mi manca dell’Italia».

Cosa ha in mente Lolli?

«Portare la nautica in Libia nei prossimi cinque anni».

Quindi resterà lì?

«Almeno per il momento, ma il mio futuro non lo vedo nè in Italia nè in Libia».

E allora dove?

«Non mi sembra il caso di dirlo»

Sembra vantarsi del fatto che è diventato un avventuriero.

«Sono le decisioni che ti trasformano nel personaggio. E in fondo un po’ avventuriero lo sono sempre stato. E ‘L’ultimo avventuriero’ sarà proprio il titolo del libro che sto scrivendo. Sono 32 capitoli, e posso garantirvi che ce ne sarà per tutti».