"Ha stuprato mia figlia, deve andare in galera"

Il padre della 18enne vittima della presunta violenza da parte di un 35enne fuori dalla Baia: "Lei è sotto choc"

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di Roberto Damiani

"Lo voglio vedere in galera. Solo lì dentro capirà cosa ha fatto". Parla il padre della ragazza di 18 anni che, sabato scorso, ha denunciato alla polizia di aver subìto una violenza sessuale da un amico, nel parcheggio della discoteca Baia Imperiale di Gabicce monte. Raggiungiamo il genitore, poco più che quarantenne, al telefono. Ci risponde da Como: "Mia figlia ora è in un luogo sicuro e lontano. Deve riprendersi, anche con l’aiuto di una psicologa, e sappiamo che ci vorrà tempo".

Cosa le ha detto?

"Partiamo dal giorno 29. Io l’ho saputo nel primo pomeriggio perché mia figlia, sotto choc, non parlava, si era chiusa in sé stessa. Era terrorizzata. Si è confidata con la madre e poi con me, una parola alla volta".

Che decisione ha preso in quel momento?

"Sono partito immediatamente per Riccione dove lei era in vacanza da un paio di giorni con delle amiche. Sono arrivato alla sera, ho parlato con lei di tutto quello che era successo e poi, intorno alle 22, siamo andati in ospedale ma prima avevo già chiamato la polizia".

I medici hanno ravvisato lesioni guaribili in 45 giorni. Eppure il difensore dice che non ci sono segni di ecchimosi.

"Non è stata una prognosi data a caso, glielo assicuro, e non voglio entrare nei particolari ma le conseguenze sono state ravvisate con attenzione dai sanitari".

Avete preso poi la decisione di andare in Questura di Rimini al mattino successivo?

"Avevo già chiamato la polizia dopo il racconto di mia figlia ma la mattina del 30 siamo andati in questura alle 9 per presentare la querela. Ho trovato uno staff altamente professionale che non dimenticheremo, capace di cogliere ed affrontare anche i momento di pianto, abbandono e disperazione di mia figlia. La quale ha ripercorso quello che è accaduto, l’esser stata spinta dentro la macchina e poi sopraffatta con violenza e terrorizzata. Lei aveva paura di essere ammazzata, era come paralizzata. Ha anche provato ad uscire dall’auto ma lui l’ha bloccata subito. Quando sono tornati alla macchina l’amica e un amico di lui, questi si è anche vantato di aver vinto le resistenze di mia figlia che gli aveva detto prima, presenti anche gli amici, di non voler fare nulla".

Sua figlia ha considerato il fatto che denunciando potesse non esser creduta?

"Chiaro, è la prima cosa che viene in mente. Ma le ho consigliato di affidarsi alla giustizia, di non avere paura di nulla perché avrà i genitori ma soprattutto la magistratura dalla sua parte per far pagare a quella persona che non nomino le colpe che ha commesso".

Ora significa affrontare nuovi interrogatori, confronti, la versione dei fatti del tutto opposta da parte del 35enne.

"Noi non abbiamo nessuna paura ad andare il processo e a chiedere giustizia. Intanto mi aspetto che quest’uomo di 35 anni stia in cella per molto tempo, perché potrebbe rifarlo, e la procura di Pesaro ha già ottenuto la carcerazione, e poi lo voglio alla sbarra a rispondere del male che ha fatto. Vediamo se continuerà a negare le evidenze, le testimonianze, gli occhi di mia figlia che lui ha violentato sapendo bene di farlo".

Quindi teme che quel comportamento fosse un metodo?

"Io credo di sì. Un sistema, una violenza rapida, totalizzante, che imprigiona la persona, soprattutto giovane come mia figlia, senza lasciarle scampo".