"Ha tentato di ucciderlo e si gode i suoi soldi"

La rabbia della famiglia dell’anziano avvelenato dalla compagna e deceduto due anni dopo in una casa di riposo

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"Ha tentato di uccidere mio zio per i suoi soldi e adesso per legge ne può disporre come vuole. Siamo sbeffeggiati dalla giustizia, questa è una follia". E’ arrabbiata e umiliata, Monica Pierani, nipote di Dino Pierani, l’anziano avvelenato dalla sua compagna perchè lei voleva "dare un po’ di tranquillità economica a suo figlio". La donna è indagata per tentato omicidio, dopo che la perizia ha concluso che non c’è nesso causale tra l’avvelenamento e la morte dell’anziano, avvenuta in una casa di riposo il 1° settembre scorso, due anni dopo che era stato portato in ospedale in fin di vita. La legge sul femminicidio ha introdotto l’articolo che prevede che nel caso uno sia indagato per reati cosiddetti di ‘indegnità’, la successione viene sospesa. Ma quella stessa legge non lo prevede nel caso si tratti di convivenza. L’imputata, designata all’epoca erede universale da Dino Pierani con cui conviveva da 36 anni, può disporre quindi dei suoi soldi, almeno fino al momento in cui non verrà condannata. "Un’assurdità inaccettabile", dice Monica, costituita parte civile insieme al padre, Enrico Pierani, rappresentati entrambi dall’avvocato Luca Greco. E al loro legale hanno dato ora mandato di chiedere al Tribunale civile di sospendere la successione in favore della donna che ha avvelenato suo zio. "Una donna – continua Monica amareggiata – che continua a fare la sua vita di tutti i giorni. nonostante sia rea confessa. Lei voleva ucciderlo per dare il capitale ai suoi figli che mio zio ha cresciuto, e nonostante questo lei eredita, e siccome è anziana non gli stati inflitti nemmeno gli arresti domiciliari". Monica spiega che "a noi non interessano i soldi, ma avremmo almeno voluto vedere da parte sua il gesto di rinunciare all’eredità in favore dei suoi figli. Non ha fatto nemmeno quello".

Quando l’anziano signore era arrivato in ospedale, stava morendo dissanguato. I medici avevano compreso subito che c’era qualcosa che non andava, avevano approfondito e scoperto che l’uomo aveva preso del topicida. Ma si trattava di una persona malata che certo non era in grado di assumerlo da solo. Di lì all’apertura di un’inchiesta per tentato omicidio, il passo era stato breve. I carabinieri della Procura, coordinati dal pubblico ministero, Luca Bertuzzi, non ci avevano messo molto a trovare il topicida e a focalizzare l’attenzione sulla famiglia. Sulla donna e i suoi due figli avuti da matrimoni precedenti. Ed erano stati proprio questi ultimi a convincere la madre a dire la verità. Sì, aveva ammesso lei, l’ho avvelenato lentamente per consentire a mio figlio di avere l’appartamento che il mio compagno gli aveva promesso, e che l’amministratore di sostegno aveva invece deciso di vendere, per fare fronte alle spese di assistenza dell’anziano malato.

"Mio zio aveva molti problemi di salute, ma a casa sua aveva un badante, mangiava come un lupo, se ne stava nel suo giardino sulla sedia a rotelle. Insomma aveva una vita. Dopo l’avvelenamento si è allettato e veniva nutrito con il sondino. E quella certo non era più vita. E’ morto pieno di piaghe dopo due anni da incubo. Ha resistito all’avvelenamento, ma si è spento da solo. E morto male, mentre lei ha continuato a fare la sua vita di prima. E’ tutto assurdo".

Alessandra Nanni