di Mario Gradara
"Mi giocavo centinaia di euro tutti i giorni, a volte appena ritirato lo stipendio arrivavo a chiudermi letteralmente all’interno di una sala scommesse e poi puntavo su tutto quello che mi capitava, non uscivo fuori finché non rimanevo totalmente al verde". A raccontare quello che lui stesso definisce "un incubo ad occhi aperti durato più di cinque anni" è un quarantenne del Riminese, che chiede l’anonimato e chiameremo ’Mirco’, bravissimo artigiano, apprezzato sul lavoro, padre di famiglia con moglie e due figli.
Come si è accorto che la sua stava diventando una malattia?
"E’ stata proprio mia moglie, che non ringrazierò mai abbastanza per essere riuscita a starmi vicina anche nei momenti più drammatici – prosegue Mirco –, a segnalare la mia situazione ai Servizi sociali, dopo essersi accorta che mi stavo giocando tutti i soldi, anche quelli necessari alla nostra famiglia. Era disperata, stavo distruggendo la mia vita, la sua e ipotecando quella dei nostri figli".
A fronte di questo disastro non è riuscito a smettere di giocare?
"No, ero diventato, senza accorgermente, dipendente del gioco d’azzardo. All’inizio giocavo poco, poi come un alcolista che crede di poter smettere quando vuole, ma non è vero, il gioco mi ha preso la mano".
Che tipo di giochi faceva?
"Un po’ di tutto, dalle sale bingo ai casinò e poker virtuali, fino ai gratta e vinci e superenalotto".
Quando la svolta?
"Quando mia moglie, non sapendo più cosa fare, pur amandomi, mi ha messo fuori di casa".
E poi?
"Sono stato in cura, attraverso i Servizi, per quasi otto mesi".
Nel frattempo è stato licenziato?
"No, il mio datore di lavoro mi ha sempre stimato moltissimo sul piano professionale, e non mi ha mai cacciato. Dandomi sempre una chance".
Dopo la cura è guarito?
"Sì, stavo decisamente meglio. Ero ritornato a vivere in famiglia, con mia moglie e i figli. Poi purtroppo ho avuto una ricaduta".
Ovvero?
"Non ho resistito, sono andato in una sala bingo, e ho giocato di nuovo. Pesantemente. Raccontando che mi avevano rubato il furgone della ditta per la quale avevo ripreso a lavorare, con tutte le attrezzature".
Invece?
"Avevo venduto tutto io. Ma ci hanno messo poco a scoprirlo".
A quel punto cosa è successo?
"Ho ripreso il percorso terapeutico che avevo concluso, anzi che pensavo di aver concluso. Mia moglie mi è stata vicina. Il mio datore di lavoro anche. Non li ringrazierò mai abbastanza - si commuove ’Mirco’ -. Grazie a loro ho ritrovato la mia dignità, e la mia vita".
Ha tenuto il conto di quanto si è giocato in quegli anni?
"Sinceramente no. Ma tra miei stipendi, soldi presi in prestito, altri sottratti - è capitato - credo di non essere andato lontano ai 100mila euro".
Adesso è tranquillo?
"Si combatte sempre, anzitutto contro se stessi. Io ce la metto tutta. Adesso sono consapevole. Penso di aver vinto la mia battaglia. Ma non da solo".