LORENZO MUCCIOLI
Cronaca

Il delitto di Max Iorio: "Un uomo accoltellato e tre pesciolini rossi. Un giallo lungo 15 anni"

Il podcast ‘Crimini a Rimini’ dedica una puntata al caso del 1997. Il conduttore Grassi: "All’apparenza sembrava l’omicidio perfetto. poi arrivò la svolta grazie al Dna e alla caparbietà degli investigatori"

Il podcast ‘Crimini a Rimini’ dedica una puntata al caso del 1997. Il conduttore Grassi: "All’apparenza sembrava l’omicidio perfetto. poi arrivò la svolta grazie al Dna e alla caparbietà degli investigatori".

Il podcast ‘Crimini a Rimini’ dedica una puntata al caso del 1997. Il conduttore Grassi: "All’apparenza sembrava l’omicidio perfetto. poi arrivò la svolta grazie al Dna e alla caparbietà degli investigatori".

Rimini, 8 giugno 2025 – È passato alla storia come "il delitto dei pesciolini rossi", per usare la definizione coniata da Carlo Lucarelli che alla vicenda dedicò una puntata della trasmissione Blu Notte. L’omicidio di Massimo Iorio – 38 anni, impiegato modello dell’ufficio informazione del Comune di Rimini, ritrovato strangolato e accoltellato nell’appartamento in vicolo Santa Chiara il 20 marzo del 1997 – è al centro della nuova puntata del podcast "Crimini a Rimini", condotto da Davide Cardone e Davide Grassi. A dialogare con loro il pubblico ministero Paolo Gengarelli e l’ispettore Daniele Laghi, che a distanza di 15 anni contribuirono alla risoluzione del cold case.

Cosa vi ha spinto a tornare sulla storia?

"Ci siamo appassionati per diversi motivi – spiega Davide Grassi, avvocato e scrittore –. Per la stranezza del caso, per la profondità umana che emerge dai dettagli, dalle relazioni della vittima. Max era una persona conosciuta in città, un bravo ragazzo, con le sue fragilità, come tutti. Una delle cose che ci ha colpito di più è stata proprio la scena del crimine, il modo in cui è stato ritrovato il corpo".

Ovvero?

"A colpire gli investigatori, oltre alla ferocia dell’aggressione, fu la messa in scena grottesca attorno al cadavere: un acquario rovesciato sul corpo, con tre pesciolini rossi eviscerati a terra. Max era molto legato a quegli animali e li accudiva con amore".

Che spiegazione vi siete dati di quel gesto?

"Abbiamo cercato di approfondire il significato di questo elemento anche con l’ispettore Laghi e il pubblico ministero Gengarelli. Le interpretazioni sono state molte. La prima idea, infatti, è stata quella di un accanimento. Lucarelli lo ha definito il caso dei pesciolini rossi proprio perché la prima immagine degli investigatori fu quella dei pesci schiacciati, l’acqua rovesciata sul corpo. Sembrava un gesto voluto, quasi a oltraggiare la vittima, forse sapendo che Max era affezionato ai suoi pesci. Altri sostengono che non fu un gesto premeditato, ma frutto dell’impeto durante un omicidio molto violento. C’è anche chi pensa che si volesse confondere le acque, depistare".

Il delitto era stato descritto quasi come ’perfetto’: tutte le tracce ripulite, nessun movente apparente. Ma poi emersero alcuni elementi.

"Esatto. Delle gocce di sangue trovate sul mobiletto dello stereo. E poi cinque sigarette che giacevano nel portacenere. Nel 1997 non fu possibile analizzare i reperti, ma nel 2011, grazie alle nuove tecniche investigative come il test del Dna, si arrivò ad una svolta".

Il caso Iorio è stato un grande esempio di determinazione da parte degli investigatori che a distanza di 15 anni riuscirono a risolvere il giallo.

"È vero, ci hanno messo tanti anni, anche perché all’epoca non c’erano gli strumenti di oggi. L’aspetto tecnologico però non è il solo da tenere in considerazione. Ricordiamo che fu molto difficile trovare un movente. Max aveva tanti amici, e infatti inizialmente i sospetti si concentrarono proprio su di loro. C’è poi un altro elemento interessante: quando fu ritrovato il corpo e vennero sentite le persone vicine a Iorio, un testimone disse che la sera prima lui era con un ragazzo chiamato Michele".

A distanza di tanto tempo, cosa resta di quella vicenda?

"Il delitto dei pesciolini rossi è un caso che ha travalicato i confini di Rimini per diventare di interesse nazionale. Noi abbiamo voluto ricostruirlo basandoci esclusivamente sugli atti processuali. Nulla è inventato. Non facciamo spettacolo sul dolore, ma cerchiamo di rispettare la vittima, i familiari e i testimoni raccontando i fatti così come sono andati. Oggi, che si parla tanto di cold case, è importante tornare su certe storie, anche per valorizzare l’impegno degli investigatori".

Il 23 gennaio del 2012 fu individuato l’assassino di Iorio: Zoran Ahmetovic, bosniaco di 37 anni, già detenuto per altri reati. Aveva conosciuto Max la stessa sera dell’omicidio. Ahmetovic confessò il delitto, venendo poi condannato a 16 anni.