Il popolo di Cl prega per l’Ucraina

Dopo due anni di stop per la pandemia, torna la Via crucis in centro. Il vescovo: "Il nostro Dio si chiama pace"

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Una giornata per tornare a pregare e riflettere insieme, come non accadeva da tanto. Ma la Via crucis organizzata ieri a Rimini da Cl, dopo due anni di stop a causa della pandemia, è stata anche l’occasione per rivolgere il pensiero alla popolo ucraino e urlare il ‘no’ alla guerra. Perché, ha detto il vescovo Francesco Lambiasi che ha presieduto la celebrazione, "l’amore più grande è l’amore che dà la vita, che porta la pace". La Via crucis ha preso il via dall’arena Francesca da Rimini. "Oggi siamo qui perché provocati dalla croce di Gesù a prendere posizione. Davanti alla croce non possiamo ripiegarci in una gelida indifferenza, in una diplomatica neutralità", ha detto il vescovo ai 900 partecipanti. "Dobbiamo scegliere – è stato l’invito di Lambiasi ai presenti – perché siamo stati chiamati per il dono di Cristo. il nostro Dio ha un nome, si chiama pace. Cristo non solo ci dona pace, non solo vuole pace, ma è la nostra pace", ha detto il vescoso ai 900 partecipanti. La meditazione alla prima stazione è stata accompagnata dall’esposizione della foto del Cristo di Leopoli, antica scultura salvata dai fedeli della città ucraina. "La realtà a cui stiamo assistendo, con l tutta la sua crudeltà, distruzione, sofferenza, morte, ci mette davanti una ragione in più per vivere insieme questo momento", ha spiegato il responsabile diocesano di Cl, Cristian Lami.

Al corteo della Via crucis, che ha attraversato diverse zone del centro, tra cui il ponte di Tiberio, prima di concludersi sul sagrato del Duomo, erano presenti anche i rappresentanti di alcuni movimenti ecclesiali. A dimostrazione, ha osservato don Roberto Battaglia, dei "forti legami che si sono instaurati nella città", come testimonia anche la risposta di Rimini nell’accoglienza dei profughi ucraini.