"Il virus non ci ferma: 150 interventi al mese"

Il primario di chirurgia Garulli: "Nonostante la pandemia chiuderemo l’anno con lo stesso numero di operazioni del 2019"

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di Manuel Spadazzi

Nei mesi di marzo e aprile fu un disastro. La pandemia prese tutti di sorpresa, e la sanità riminese impiegò non poco per riorganizzarsi. In primavera tanti esami e visite sono stati rinviati, così come alcuni interventi chirurgici non urgenti. "Ma non ci siamo mai fermati nei mesi successivi siamo riusciti a recuperare buona parte degli interventi rinviati". Gianluca Garulli, primario di chirurgia generale di Rimini, lo dice con orgoglio.

Com’è la situazione attuale in reparto?

"Nonostante la seconda ondata di contagi e ricoveri, l’attività di chirurgia sta proseguendo a pieno ritmo: stiamo usando tutte le sale operatorie. Questo perché siamo riusciti ad allestire percorsi protetti che garantiscono la massima sicurezza, per i pazienti e per noi sanitari".

Non si tornerà quindi a effettuare operazioni nelle cliniche private del Riminese, com’era accaduto in primavera a causa dell’emergenza?

"No, al momento siamo assolutamente in grado di continuare l’attività in ospedale, con oltre 150 interventi chirurgici al mese all’Infermi. Nonostante tutto, riusciremo a confermare i numeri del 2019, quando abbiamo chiuso con circa 1.800 operazioni a Rimini e 400 a Novafeltria. Tutti speriamo che questa seconda ondata finisca al più presto, ma rispetto a marzo e aprile non abbiamo ridotto l’attività. Anzi".

Qual è stata la svolta, rispetto alla primavera?

"L’organizzazione è decisamente migliorata. Si è creata una rete tra gli specialisti di tutti gli ospedali della Romagna, e questo ci ha consentito di affrontare meglio la situazione. Abbiamo modificato e rivisto i percorsi protetti. C’è una sala operatoria dedicata solo ai pazienti Covid: un ambiente protetto, continuamente sanificato, che ci consente di operare in piena sicurezza".

Quanti sono stati i pazienti Covid fin qui operati all’Infermi?

"Siamo già a 33. Molti erano casi urgenti, alcuni arrivati direttamente dal Pronto soccorso. Il rischio di contagio, per chi arriva in chirurgia, si è davvero ridotto al minimo. Tant’è che da tempo non si registrano casi di positività nel nostro reparto, nè tra i ricoverati nè tra gli operatori".

E’ soltanto merito della migliore organizzazione?

"Quella si è rivelata fondamentale. Ma c’è stata anche una grande collaborazione da parte dei pazienti e dei familiari, e questo rende le cose più facili per noi. Lo riscontriamo ogni giorno, anche tra i più anziani. Ho visto coi miei occhi come si è comportato un nonno di 80 anni arrivato in reparto con la nipote: si è igienizzato più volte le mani, portava la mascherina correttamente, ha compilato in maniera diligente l’autocertificazione. Tutti oggi sono più consapevoli dei rischi e stanno molto più attenti. Questo garantisce una maggiore protezione, ai malati e anche a noi".