Rimini, insulti al datore di lavoro: "Porco fascista". Il giudice la assolve

Alla sbarra per diffamazione era finita la governante di un hotel di Riccione: nel mirino un post pubblicato su Facebook

La donna aveva condiviso sulla sua pagina Facebook un post di insulti

La donna aveva condiviso sulla sua pagina Facebook un post di insulti

Riccione (Rimini), 10 aprile 2022 - "Porco fascista". Lei, una governante responsabile del personale ai piani di un hotel di Riccione, non le aveva certo mandate a dire al suo datore di lavoro. In un post sulla sua pagina Facebook, pubblicato nel 2015, aveva rivolto parole tutt’altro che gentili all’indirizzo dell’albergatore. Lui, punto sul vivo, aveva deciso di non fargliela passare liscia, denunciando la dipendente per diffamazione aggravata. Nei giorni scorsi la donna, una 43enne, è stata però scagionata dai giudici del tribunale di Rimini, che l’hanno assolta in quanto il fatto non sussiste.

Per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere, ma di fatto i magistrati riminesi sembrano aver avvallato la tesi del legale della difesa, l’avvocato Maurizio Ghinelli, secondo il quale la lavoratrice non era punibile in quanto avrebbe agito "in uno stato d’ira, a fronte di una provocazione ricevuta". Tra l’imprenditore e la governante, in effetti, non correva certo buon sangue. Tutta colpa di vecchie ruggini: tensioni nate sul posto di lavoro che avevano messo l’uno contro l’altra, portandoli anche a scontrarsi nelle aule del tribunale.

Per capire la storia bisogna risalire indietro nel tempo, circa un mese prima del post ‘incriminato’, quando il gestore dell’hotel riceve la visita dell’ispettorato del lavoro. A chiamarlo era stata proprio la governante, che all’epoca era iscritta alla Cgil e ricopriva il ruolo di rappresentante sindacale. L’ispettore scopre in effetti alcune irregolarità nei contratti di alcuni dipendenti, e per questo multa il datore di lavoro. Tempo qualche giorno, e la governante si vede convocare dal titolare che, di fronte al resto dello staff, le comunica il licenziamento. La donna non ci sta e trascina l’albergatore davanti al giudice del lavoro, accusandolo di comportamento vessatorio: prima ancora che si apra la vertenza, però, l’uomo torna sui suoi passi, e reintegra la dipendente, che può così tornare alla sua occupazione.

A distanza di alcune settimane, tuttavia, la governante si lascia scappare un post piuttosto colorito. Anche se non nomina esplicitamente il datore di lavoro, è chiaro che la frase "porco fascista" è rivolta proprio a lui. Per l’imprenditore quella è la goccia che fa traboccare il vaso. Decide di intentare una casa civile contro l’ormai ex dipendente (difesa sempre dall’avvocato Ghinelli), ma la sua richiesta di risarcimento per circa 10mila euro viene respinta dai giudici. Contemporaneamente prende avvio anche il processo penale a carico della 43enne. Processo che però si è concluso con una piena assoluzione dell’imputata.