REDAZIONE RIMINI

La cittadinanza al Duce: "Un grave errore cancellare la storia"

Lo storico Stefano Pivato commenta la decisione del Comune di Riccione di revocare l’onorificenza civica a Benito Mussolini.

Mussolini durante una vacanza nella Perla Verde

Mussolini durante una vacanza nella Perla Verde

Professor Pivato, come interpreta la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini da parte del Comune di Riccione? È davvero un “atto politico”?

"É un atto politico ed è il risultato di una pratica viziata dalla brevità di comunicazione che oggi connota un linguaggio mutuato da quello dei social: rapido e immediatamente comunicativo".

Alcuni sostengono che revocare la cittadinanza onoraria sia una forma di “cancel culture” storica. Lei cosa ne pensa?

"È certamente una forma di ’cancel culture’ che io ritengo fuorviante da qualunque parte essa provenga. Il fascismo e il suo massimo protagonista vanno studiati e compresi. Io trovo curioso che la politica si lamenti del fatto che i giovani non conoscono la storia se poi la si cancella. Io credo che costituisca una lacuna il fatto che oggi in Italia non esista ancora un museo del fascismo. La conoscenza è l’antidoto principale contro certi camaleontismi ai quali oggi assistiamo e che costituiscono una eredità del ventennio".

Perché secondo lei tanti comuni italiani stanno revocando queste cittadinanze onorarie solo oggi, dopo decenni di silenzio? È legittimo o rischia di essere eccessivo?

"Certamente il fatto che oggi il principale partito di governo sia, in forme più o meno dirette, erede della cultura politica del ventennio spiega queste reazioni".

Edda Negri Mussolini sostiene che questa revoca sia “inutile” e che il legame tra Riccione e suo nonno resti storico. È d’accordo?

"Sono del tutto comprensibili le ragioni affettive e familiari che conducono a quella presa di posizione che chiama in causa anche una nostalgia, molto diffusa nella memoria locale, sui meriti di Mussolini nella promozione turistica di Riccione. Quello sguardo benevolo non tiene però conto che il prezzo pagato per quella vulgata che considera il fascismo un regime che "ha fatto cose buone" è stato quello della scomparsa di ogni forma di democrazia".

La revoca di onorificenze può portare anche a rivedere la toponomastica o il nome di luoghi come Villa Mussolini. Lei cosa ne pensa?

"La cancellazione di una toponomastica ’scomoda’ poteva avere un senso nel clima dell’immediato secondo dopoguerra. Oggi non più. Se volesse essere consequenziale l’amministrazione comunale dovrebbe cambiare nome a tutte quelle vie che evocano il passato coloniale (e fascista): a cominciare da Abissinia".

Qual è il ruolo degli storici in queste scelte simboliche? Devono intervenire o lasciare che siano i politici a decidere?

"Nel 1983, in occasione del centenario della nascita di Benito Mussolini, il comune di Riccione non ignorò l’anniversario e assieme all’Istituto storico della Resistenza promosse un convegno sul fascismo. In quella occasione intervennero i massimi protagonisti della storiografia italiana a cominciare da Renzo De Felice. Torno a ripetere: occorre spiegare cosa è stata l’esperienza del fascismo e il ruolo del suo massimo protagonista. E questo è tanto più necessario nel momento che stiamo vivendo. Gli storici non fanno della archeologia, non si soffermano solo sul ventennio ma possono aiutare a capire le continuità e le rotture con quel periodo. Fenomeni come il razzismo, l’intolleranza nei confronti di alcuni aspetti della democrazia, il disprezzo per certe forme di cultura o la violenza che permea il linguaggio politico provengono da quel brodo di cultura. Far capire tutto questo, al di là di slogan e parole d’ordine, è una responsabilità primaria della politica".

Carlo Cavriani