Le lacrime e lo strazio dei parenti: "Grazie a loro saremo migliori"

Il funerale presiduto dal vescovo Francesco Lambiasi. Oltre cinquemila persone allo stadio di Riccione

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di Lorenzo Muccioli

"È meraviglioso". In piedi sul palco, Cristina Codicè non riesce a trattenere lo stupore. I suoi occhi si posano sulle oltre cinquemila persone squassate dai singhiozzi, nel prato e sulle tribune dello stadio comunale, unico posto abbastanza capiente da contenere l’abbraccio smisurato di Riccione. Si posano sulle bare in legno, sepolte sotto una cascata di rose bianche e rosse. Alle sue spalle centoventuno palloncini sono pronti a spiccare il volo. "Non si fanno delle cose così belle se dentro non c’è un amore grande" dice Cristina. Lo stupore prende il sopravvento di fronte alla perfezione di questa giornata. Loro, i "magnifici sette", finalmente sono tornati a casa. Massimo, Romina, Alfredo, Rossella, Valentina, Maria, Francesca. I "nostri fratellini e le nostre sorelline", così li chiama il vescovo Lambiasi, che celebra la funzione insieme ad una ventina di parroci. "Li diciamo ’scomparsi’ perché non li vediamo". Ma scomparsi non lo sono affatto, "perché Gesù è risorto e li ha messi in grado di vederci e ascoltarci". Lo stesso messaggio campeggia sullo striscione appeso alla curva dell’Italo Nicoletti: "Nessuno muore finché vive nei cuori di chi resta".

A loro, a quelli che restano, Lambiasi, dopo aver ricordato una ad una le vittime del drammatico incidente, dedica una "litania di grazie". Grazie "a tutti voi, babbi e mamme, di questi nostri splendidi ragazzi. Grazie per l’amore con cui li avete accolti, accompagnati, educati. Grazie per non aver trattenuto per voi soli il loro bene, ma per averlo condiviso, tessendo una rete infrangibile, che non si spezzerà mai". Oggi quella rete infrangibile è incarnata dai parenti delle vittime, che si reggono l’uno all’altro, facendosi forza a vicenda. Una catena umana impossibile da rompere. "È il vostro essere insieme, il vostro fare famiglia, a rendervi forti anche dinanzi alla morte" scrive il prefetto Giuseppe Forlenza nella sua lettera.

È il momento degli abbracci. Quello tra La Pina, storica conduttrice di Radio Deejay e amica del Centro21, e la stessa Codicè. Quello tra la mamma di Francesca e gli agenti della polizia stradale. Quello dei sindaci di tutta la provincia e dei Comuni di San Donà di Piave e Noventa di Piave, delle autorità e delle forze dell’ordine. Tutti uniti. Tutti insieme. Come un’unica, grande famiglia. Cuori che battono all’unisono. Un sincronismo perfetto. Che accompagna ogni gesto, ogni parola di questa cerimonia, talmente bella da sembrare una coreografia.

"La bellezza di essere unici" c’è scritto sulla magliette bianche indossate dai ragazzi e dalle ragazze del Centro 21. In fila indiana, sfilano accompagnati dall’aria sulla quarta corda di Bach, davanti alle bare e depongono dei fiori. Perfette sono le voci dei sessanta componenti del coro. Perfetta è la melodia di The Mission di Ennio Morricone che riempie il silenzio. Non può che essere così. Perché, come dice la sindaca Daniela Angelini, "ci sono eventi che segnano in maniera indelebile una comunità. Il 7 ottobre resterà per sempre nella nostra memoria". "Maria, Alfredo, Francesca, Rossella, Valentina, Romina e Massimo – aggiunge la sindaca – ci hanno insegnato ad essere migliori. Ognuno a proprio modo, sono stati l’esempio vivente di cosa significhi realizzarsi attraverso la condivisione, l’esserci per altro". La città non li dimenticherà. "Nei prossimi giorni pianteremo sette alberi in ricordo dei nostri cari nel parco di via Limentani, a fianco del Centro21". Sette germogli di vita. Per non dimenticare.