
Rimini, 29 aprile 2023 – Non accettava l’idea che la figlia fosse costretta ad indossare la mascherina mentre si trovava in classe. Per questo motivo una mamma riminese di 43 anni, aveva impedito alla bambina – della quale era affidataria in maniera condivisa insieme all’ex compagno – di recarsi a lezione per un periodo di circa venti giorni, fino a quando il giudice, chiamato ad esprimersi sul caso, non l’aveva obbligata a farlo. La donna è stata però querelata dall’ex convivente (assistito dall’avvocato Piero Venturi), contario al fatto che la bambina non potesse frequentare la scuola elementare: a seguito di decreto di citazione a giudizio, dovrà ora affrontare il processo davanti al giudice di pace di Rimini, difesa dall’avvocato Martina Montanari.
I due conviventi erano già ai ferri corti per questioni riguardanti la vaccinazione della figlia. All’epoca dei fatti (parliamo dell’autunno del 2020, con lo spettro del Covid tornato a materializzarsi dopo un’estate di relativa tregua), la donna aveva deciso di rivolgersi al dirigente scolastico dell’istituto comprensivo per chiedere chiarimenti in merito alla possibilità di avvalersi dell’istruzione parentale: una scelta che permette ai genitori di occuparsi direttamente dell’istruzione dei figli. Trattandosi di un caso di affido condiviso, tuttavia, tale opzione si sarebbe potuta attivare solo nel caso in cui entrambi i genitori avessero sottoscritto l’apposito modulo. Il padre della bambina si era però oppoosto con forza alla decisione della madre, ritenendo che la piccola dovesse invece recarsi regolarmente a scuola. La donna aveva espresso perplessità riguardo l’obbligo di indossare la mascherina e riguardo alcune regole, come quelle sul distanziamento, che all’epoca erano state introdotte all’interno delle classi per limitare la diffusione del virus. La piccola inoltre pratica ginnastica artistica a livello agonistico: secondo la madre, frequentare regolarmente l’ambiente scolastico l’avrebbe esposta al contagio, impedendole quindi di seguire le lezioni o partecipare agli allenamenti e alle gare. In contrasto con la volontà del padre, la donna aveva quindi deciso di non accompagnare la bambina in classe per circa una ventina di giorni. L’altro genitore non era però rimasto a guardare e si era rivolto ai carabinieri e al giudice del tribunale di Rimini. Che in seguito aveva emesso un provvedimento d’urgenza, stabilendo di fatto che la bambina fosse tenuta a frequentare regolarmente la scuola.
l.m.