
Lo chef Andrea Minguzzi con il figlio Mattia
"Mattia Ahmet si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tutto qui", dice Andrea Minguzzi, il padre del giovane ucciso con cinque fendenti al petto in quella terribile mattina del 24 gennaio in un mercato del quartiere Kadikoy a Istanbul. E’ da qui che parte il racconto del padre, originario di Misano Adriatico oggi chef executive per Eataly nella metropoli multietnica turca. Minguzzi è sposato con Yasemin Akıncılar, artista e violoncellista che ha studiato al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.
"La mattina del 24 gennaio - ricorda Andrea -, Mattia Ahmet si era incamminato con due amici verso il mercato del martedì di Kadıköy per comprare dei vestiti. Ma lì, in un luogo dove era andato con entusiasmo, è stato vittima di un’aggressione feroce da parte di sconosciuti. Non li aveva mai visti, mai parlato con loro, non aveva alcun legame con loro". Mattia Ahmet era assieme ad alcuni amici. Per un caso avevano incrociato due coetanei, di 15 e 16 anni. Sulla dinamica dei fatti indagano gli inquirenti turchi. Pare che tra il giovane e i due ragazzi ci sia stata un breve scambio di parole. Poi uno dei due è tornato correndo verso Mattia Ahmet, prendendolo alle spalle e sferrando coltellate con una furia cieca. "Non c’è stata alcuna rissa tra due gruppi, c’è stato un attacco. C’era un ragazzo innocente e c’erano degli assalitori accecati dalla violenza. Chiedo che la verità venga rispettata e che si crei una consapevolezza sociale sulle condizioni che alimentano e generano questa brutalità. Mattia Ahmet era una luce, vorrei che quella luce potesse diffondersi nel mondo. I fatti vanno raccontati con onestà. È un debito nei confronti di mio figlio e un passo necessario per evitare che tragedie simili si ripetano". L’aggressore è stato arrestato.
Mattia era un ragazzo d’oro per chi lo conosceva. "A scuola, i compagni lo chiamavano ‘fratello maggiore’ perché proteggeva sempre i più deboli. Anche in quel giorno ha cercato di difendere i suoi amici e per questo è diventato il bersaglio degli aggressori".
Aveva solo 14 anni. Era nato a Istanbul, nel quartiere di Güngören, dove ha frequentato la scuola primaria Marco Polo. A 14 anni parlava fluentemente turco, italiano e inglese. Stava studiando anche giapponese, russo e maltese. Durante il periodo in cui la famiglia si era trasferita a Malta, il ragazzo aveva ottenuto un certificato di coding. "Ma dopo un anno lì che eravamo lì, la nostalgia per la Turchia era stata più forte, e siamo tornati a Istanbul, dove Mattia Ahmet aveva ripreso gli studi al liceo italiano Imi. Frequentava la terza media. Aveva tre grandi passioni: lo skateboard, la cucina e la musica". In Turchia la brutale aggressione ha scosso l’opinione pubblica. Tuncay Koçal, attore ed ex allenatore della nazionale turca di skateboard, nei giorni di attesa in ospedale, dove il giovane era ricoverato in terapia intensiva, aveva raggiunto la famiglia per sostenerla. A ricordare il giovane Mattia è stato anche Semi Ok, artista di graffiti, che lo ha immortalato in un’opera.
Se si chiede al padre dove sia oggi Mattia risponde così: "Con il suo spirito luminoso è ora accanto a Dio, un angelo". Andrea, quando erano in cucina, chiamava suo figlio chef. "Era incredibilmente talentuoso. Guardava ricette su YouTube, sperimentava, mi raccontava con entusiasmo quale salsa fosse più adatta a una grigliata. E quando si trattava di formaggio, il suo sangue italiano non mentiva: adorava il Parmigiano". La madre gli aveva trasmesso invece l’amore per la musica. Suonava la chitarra classica e acustica, e ultimamente si dedicava all’elettrica. "Amava i gatti, e quando li trovava abbandonati cercava di portarli a casa. Spero che la scomparsa di Mattia Ahmet porti a una riflessione da parte di tutti".