Prima gli italiani? Sempre se riesci a trovarli... Il caso della birreria Keller a Modena, dove la titolare Carlotta Bertolini ha deciso di assumere solo lavoratori stranieri (attirando su di sé una valanga di reazioni e odio sui social), mette il dito in una piaga che affligge da anni chi gestisce locali, ma anche hotel, stabilimenti balneari. Reclutare italiani che lavorino nelle imprese del turismo è diventato sempre di più... un’impresa. Anche nella Riviera romagnola, che dell’ospitalità ha fatto un’industria e ha sfornato generazioni di imprenditori e di lavoratori. Anche quest’estate migliaia e migliaia di stranieri sono stati assunti per fare la stagione come baristi, camierieri di sala e ai piani, cuochi e tuttofare in cucina. E se ne vedono sempre di più al lavoro anche sulle spiagge.
"Meno male che ci sono gli stranieri. La difficoltà di trovare italiani è da anni sotto gli occhi di tutti, in particolare nei pubblici esercizi", sottolinea Gianni Indino, il presidente di Confcommercio Rimini. Le cause "sono molteplici: dalla denatalità, al fatto che tra i nostri ragazzi sempre meno vogliono fare la stagione... Ma anche chi vuole lavorare in un bar o in un ristorante, magari per pagarsi gli studi o farsi un’esperienza, viene ostacolato e scoraggiato dalla nostra burocrazia". Indino fa il caso dei minorenni assunti con contratto di apprendistato: "Il nostro è il paese che vieta ai minorenni di servire una birra o un caffè corretto al tavolo, perché per legge non possono ’maneggiare’ gli alcolici non avendo ancora 18 anni...". A quel punto "per forza è necessario ricorrere ai lavoratori stranieri, che sono diventati una preziosa risorsa".
Al Rose & Crown, storico pub riminese, su 26 dipendenti 10 parlano straniero. "Abbiamo lavoratori ucraini, inglesi, polacchi, albanesi, ma anche filippini, bengalesi e pakistani, soprattutto in cucina – spiega Roberto Di Angelo, titolare del locale – Noi ci consideriamo fortunati: ogni estate tanti ragazzi italiani, anche minorenni, si candidano per venire a lavorare qui. Ma per certe figure di italiani non se ne trovano proprio e per i minorenni ci sono tante limitazioni". E poi, bisogna ammetterlo: "La prima cosa che gli italiani chiedono è quanti giorni di riposo hanno e quanto guadagnano. Gli stranieri sono più flessibili e disponibili", fa notare Patrizia Rinaldis, presidente della Federalberghi di Rimini. Che, nel suo albergo, dà lavoro a tre donne straniere: "Sono due macedoni e una senegalese, lavorano da anni con noi in hotel e siamo molto contenti di loro".
Pensare che una volta fare la stagione era il sogno di tanti. "Ti garantiva uno stipendio che poi ti bastava (quasi) per tutto l’anno, perché le stagioni erano più lunghe. Molti, dopo alcuni anni da dipendenti, sono riusciti ad aprire un’attività in proprio. Adesso non è più così: la stagione è più corta e i nostri ragazzi – ammette la Rinaldis – sono meno attirati dal lavoro estivo. Mentre ci sono intere famiglie di albanesi, romeni, macedoni, ucraini, moldavi che vivono da anni nel nostro territorio e si organizzano per lavorare negli hotel e nei locali".
La legione straniera da tempo è sbarcata anche in spiaggia. Simone Battistoni, titolare del bagno Milano a Cesenatico e presidente regionale del Sib (il sindacato balneari della Confcommercio) ha due collaboratori stranieri nel suo stabilimento. "Lavorano entrambi al ristorante del bagno. Ma ci sono sempre più colleghi che assumono stranieri anche come assistenti ai bagnanti. Sono una risorsa importante, soprattutto perché i ragazzi italiani chiedono di lavorare meno ore rispetto a quelli dei turni normali e non è sempre facile accontentarli". Lo sa bene anche Fabrizio Pagliarani, socio del bagno 26 a Rimini e presidente provinciale dei balneari di Confesercenti: "Abbiamo una decina di stranieri su una cinquantina di lavoratori in totale: tra loro pakistani, senegalesi, ivoriani e un tunisino. Sono impiegati in cucina, soprattutto, e anche in spiaggia. Fanno lavori che molti dei nostri ragazzi non vogliono più fare".