Metano venduto a peso d’oro: 3 euro al chilo "I distributori così rischiano di chiudere"

Paganelli (Federmetano): "Rifornimenti calati del 10% e chi mantiene prezzi bassi mette la differenza di tasca propria. Serve un tetto fisso"

Rifornimento di metano

Rifornimento di metano

di Francesco Zuppiroli

L’oro moderno si chiama metano. Nulla sfugge dal cono d’ombra proiettato dai rincari e a questa regola aurea che ci accompagna da dopo lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina e non fa eccezione nemmeno il gas, idrocarburo che diventa più prezioso ogni giorno che passa e che ha ormai superato stabilmente il prezzo di 3 euro al chilo per il servito. "Oggi noi vendiamo a 2,969 – snocciola Massimo Paganelli, titolare del distributore di via Montalaccio a Santa Giustina nonché membro del consiglio direttivo della Federmetano da quasi cinquant’anni –. Ma si tratta di un leggero calo dovuto al prezzo della fornitura di questi giorni. L’ultimo prezzo utile registrato era invece di 3,339 euro al chilo. È una cosa insostenibile e inconcepibile".

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E lo è ormai non solo per chi distribuisce il metano "che sta vendendo sotto prezzo e in rimessa", assicura Paganelli, ma anche e soprattutto per i consumatori finali su cui la ricaduta dei prezzi stellari provoca un sempre minor numero di rifornimenti. Auto ferme quindi per chi viaggia a metano, tanto che mediamente "le vendite di gas sono diminuite del 10%", continua il rappresentante della Federmetano. "E hanno ragione i clienti – ammette –. Noi distributori teniamo aperto per spirito di servizio, ma persino io che sono attivo qui dal ’71 non avevo mai visto a una situazione di questo tipo, a un livello di indecenza come quello toccato". E stando a Paganelli "non è solo colpa di Putin, ma di pochi grandi speculatori che sfruttano il pretesto della guerra per acuire un rialzo dei prezzi cominciato già nell’ottobre 2021".

Per il metano insomma si è aperta "un’asta drogata" che anche a Rimini mette in ginocchio il settore di distribuzione del gas. "Federmetano è al lavoro affinché il governo, attualeo nascituro, fissi un prezzo controllato e definito – svela Paganelli – perché andando avanti così il rischio è che il sistema salti per aria". Il 90% dei distributori riminesi di metano infatti ha contratti con i fornitori variabili, che fanno oscillare il prezzo di rivendita, mentre quei pochi che hanno stipulato nel 2021 contratti fissi e che offrono prezzi economicamente alla portata "sono a rischio perché la differenza la mettono di tasca loro". Le conseguenze? Orari ridotti e regimi di lavoro ai minimi termini. "Sulla Consolare e in zona Colonnella ci sono distributori che stanno anche chiusi per questo motivo. Chi vende sotto i due euro riesce a tenere aperto massimo tre ore al giorno – continua il rappresentante della Federmetano –. Perché i contratti sono legati alla quantità di acquisto e quando vengono superati i duemila metri cubi di metano venduto al giorno scatta lo stop. Questo avviene appunto in una manciata di ore".

Un insieme di cose che stanno facendo ribollire una pentola satura, tanto che mediamente ora un pieno di metano arriva a costare in media tra i 30 e i 40 euro, con picchi anche di 50 euro stando alle stime dell’associazione di categoria. "Se pensiamo che fino a un anno fa il prezzo al chilo stava sotto l’euro, significa che i costi sono ben più che triplicati per il settore", conclude Massimo Paganelli, "la guerra in Ucraina ha fatto solo precipitare la situazione definitivamente".