LORENZO MUCCIOLI
Cronaca

Morta per il sangue infetto: famiglia risarcita con 77mila euro

Dopo dodici anni riconosciuti i danni ai familiari di un’anziana riminese deceduta nel 2013 a seguito delle complicanze insorte dopo una trasfusione

La trasfusione di sangue aveva portato la paziente riminese ad ammalarsi fino alla morte avvenuta alcuni anni dopo

La trasfusione di sangue aveva portato la paziente riminese ad ammalarsi fino alla morte avvenuta alcuni anni dopo

Rimini, 24 marzo 2025 – Un risarcimento atteso da quasi dodici anni. Nell’agosto del 2013, la loro anziana madre era deceduta a seguito delle complicazioni derivanti dallo stato di salute in cui si trovava dopo una trasfusione di sangue. Nei giorni scorsi, i figli della signora riminese si sono visti riconoscere dall’Ausl Romagna un assegno di oltre 77mila euro e hanno potuto così scrivere la parola fine ad una vicenda travagliata e dolorosa che li ha accompagnati per anni. Tutto questo per effetto di una legge (la 210 del 1992), che riguarda coloro che presentano danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali, come appunto l’anziana riminese poi scomparsa nel 2013. A dover ripagare i familiari della vittima è il ministero della Salute, al quale spetta il compito di monitorare che il sangue utilizzato per le trasfusioni non sia contaminato da virus.

Il caso affonda le sue radici nel 1997, quando la Commissione medica ospedaliera di Bologna aveva riconosciuto alla donna un’infermità ascrivibile alla settima categoria, a causa di complicanze irreversibili derivanti da una trasfusione. Di conseguenza, la donna era stata inserita a ruolo per l’erogazione di un indennizzo annuo. Dopo la sua scomparsa, i figli hanno presentato domanda per ottenere l’assegno una tantum previsto per gli eredi. Un iter che si è protratto a lungo ma che finalmente ha portato nelle scorse settimane ad una conclusione positiva che ha permesso ai familiari di tirare un sospiro di sollievo. La Commissione medica ospedaliera di Padova, con verbale del 2024, ha riconosciuto il nesso di causalità tra la trasfusione e il decesso della donna, confermando la legittimità della richiesta. L’Ausl di Rimini ha dunque deliberato la concessione dell’indennizzo, anticipando i fondi in attesa del trasferimento delle risorse statali da parte della Regione Emilia-Romagna. Si chiude così una trafila complicata per la famiglia della donna, che ha finalmente ottenuto il riconoscimento dell’indennizzo previsto dalla legge. Una storia, quella della riminese e dei suoi eredi, simile a quella di tanti altri pazienti che, specialmente negli anni Ottanta, quando le trasfusioni erano meno controllate rispetto ad oggi, hanno subito danni permanenti. Migliaia di pazienti, sottoposti a trasfusioni di sangue infetto o a trattamenti con emoderivati contaminati, hanno contratto gravi malattie come epatite B, epatite C e Hiv. Il problema derivava principalmente dalla mancanza di controlli adeguati sui donatori e sulla qualità del sangue raccolto.