Rimini, necroforo si arricchiva con i morti

Nei guai un dipendente dell'Ausl

Un funerale

Un funerale

Rimini, 19 maggio 2018 - ‘Passava’ i morti all’amico delle pompe funebri in cambio di soldi, favori e se capitava anche di cappelletti fatti in casa. Questa è l’accusa che ha fatto finire sotto inchiesta un dipendente dell’Ausl, necroforo all’ospedale Ceccarini di Riccione. Indagato per corruzione in concorso, anche il titolare dell’agenzia funebre, anche questa riccionese. Il giudice per le indagini preliminari, Vinicio Cantarini, ha disposto per il primo sei mesi di sospensione dal lavoro e per il secondo l’obbligo di firma tre volte a settimana alla polizia giudiziaria.

L’inchiesta del Nucleo operativo della Compagnia di Riccione parte l’anno scorso, dopo l’esposto-denuncia presentato dal titolare di un’agenzia di pompe funebri cittadina. Il quale racconta che grazie alla ‘collaborazione’ tra un suo collega e il necroforo del ‘Ceccarini’, quello si accaparra la maggior parte dei funerali. Un ‘sistema’ già visto in passato, ma rigorosamente vietato. Le indagini partono alla grande. Gli investigatori cominciano a sentire le persone che gravitano nell’ambiente e i colleghi del necroforo, ma installano anche ‘cimici’ e telecamere per cercare di documentare il traffico del caro estinto. Intercettazioni e video, documentano in effetti la ‘vicinanza’ tra i due. Spesso il titolare dell’agenzia si reca nell’ufficio del necroforo, dove oltre allo scambio di numeri di telefono, la telecamere immortala quella che secondo gli inquirenti è un passaggio di denaro. Non solo. Al telefono, l’imprenditore offre all’altro i cappelletti della mamma appena fatti o la aiuta a trovare un cellulare a un prezzo di favore.

Per chiudere il cerchio, i militari vanno a parlare anche con i parenti delle persone decedute negli ultimi tempi all’ospedale di Riccione. I quali confermano che il necroforo in questione li indirizzava sempre a ‘quelle’ pompe funebri che a suo dire lavoravano meglio e a prezzi più contenuti Quel che è certo è che capita spesso che le pompe funebri nel mirino, arrivino in ospedale mezz’ora dopo che è avvenuto il decesso. E che la complicità tra i due soci in affari, scoprono i carabinieri, arriva fino al punto da ‘appaltare’ i funerali anche di quelli che sono ancora vivi, ma vicini a lasciare questo mondo. Il pubblico ministero aveva chiesto per entrambi gli arresti domiciliari, ma il gip ha deciso che metterli in condizioni di non nuocere era sufficiente. I due, difesi da Catia Gerboni e Piro Venturi, verranno interrogati martedì prossimo.