
"Il piccolo Samuel era come un pesciolino". Amava perdersi nell’azzurro, sguazzare tra le onde, felice e spensierato. "Non dovevi essere lì quel giorno", dentro quel camper che in un istante è stato divorato dalle fiamme. Ora che non c’è più, un altro mare lo attende: "il mare dell’amore di Dio", dice il vescovo di Rimini, monsignor Nicolò Anselmi, singhiozzando. Eccolo lì, il piccolo Samuel Imbuzan, morto a soli 11 anni nel rogo divampato il 31 agosto scorso sulla spiaggia della Sardegna. Il suo sorriso timido, nella foto posata accanto alla bara bianca, è l’unico raggio di luce in questa giornata buia. I suoi occhi dolci si piantano nel cuore di ciascuna delle centinaia di persone che riempiono come un uovo la chiesa del Villaggio Primo Maggio. E’ il giorno dell’ultimo viaggio, dell’addio commosso degli amici di scuola, dei parenti, di una comunità intera, quella riminese. Stretta in un abbraccio smisurato attorno alla famiglia di Samuel. Papà Daniel Romulus, che ha provato disperatamente a strappare il figlio dalle fiamme, e che oggi è qui, in carrozzina. Addosso porta ancora i segni di quelle terribili ustioni, anche se le cicatrici peggiori sono quelle che non si vedono. La sua mano stringe quella della moglie, Tatiana Lisi, e degli altri due figli, sorella e fratello maggiori di Samuel: Giada e Thomas. Non c’erano, loro, quel giorno maledetto sulla spiaggia di Bados, quando il camper è diventato una palla di fuoco: un inferno di fumo, scandito da rapide esplosioni. Erano a casa, a Rimini, aspettavano che il fratellino tornasse dalle vacanze con i genitori. "Caro Sammy, non ero pronta a lasciarti andare così presto - dice Giada -. Ti aspettavo di ritorno dalle vacanze per finire insieme i compiti e andare a comprare le ultime cose per la scuola. Sei così puro e dolce, mi manchi già tantissimo. Sei in ogni cosa che mi circonda e sarai sempre una parte di me. Ti amo, Semolino". E’ un dolore che non dà tregua, che toglie il fiato e lascia sgomenti. Eppure non bisogna dimenticare che dalla "sofferenza nasce qualcosa di nuovo" ricorda il vescovo Anselmi. Perché questo, aggiunge, "è un momento di unità e preghiera, di dolore ma anche di amore". L’amore sconfinato di tutti coloro che - seppur per poco - hanno avuto il privilegio di conoscere Samuel. "Le nostre risposte sono superate dall’amore di Dio, che è più grande di noi. Con Gesù questa non è una fine, è un passaggio" aggiunge il parroco del Villaggio Primo Maggio, don Tarcisio Tamburini.
Lorenzo Muccioli
