
Dobbiamo interrogarci su una scuola più lenta, meno ossessionata dalle competenze, ma in grado di educare anche attraverso il benessere psicofisico. Perché l’entusiasmo e la curiosità dei nostri figli nascono da una condizione serena, non da uno stato di ansia. Una scuola che vada più piano, ma lontano e insieme. Mi capita, sempre più spesso, di ricevere lettere e testimonianze di genitori preoccupati per i loro figli – dalle elementari alle superiori – per lo stress dovuto al carico di compiti a casa. Può una ragazzina di 11 anni studiare anche la sera e alzarsi al mattino alle 6 per ripassare?
Che cosa succede quando le ragazze e i ragazzi sono così occupati da avere poco tempo per lo sport e per la socialità? Dovrebbe suonare un campanello di allarme quando, quello che dovrebbe essere il consolidamento delle competenze da svolgere a casa, si trasforma in un carico di lavoro che rischia di aumentare il divario tra i ragazzi e le ragazze che hanno alle spalle famiglie in grado di sostenerli, e chi no. Ma quali sono veramente i traguardi da raggiungere e chi li stabilisce? Le prove Invalsi, sebbene volte a fotografare in modo ‘oggettivo’ le competenze, da strumento utile spesso si trasformano in un ‘esame’ da superare a tutti i costi. Inoltre la scuola di oggi è oberata da troppe incombenze amministrative. Tuttavia, a livello locale possiamo fare la nostra parte partendo dall’ascolto, delle famiglie e del mondo scuola.
Un passo concreto potrebbe essere aprire una discussione con l’ufficio scolastico provinciale, i dirigenti scolastici, i pedagogisti, per discutere di come poter contenere l’ansia da prestazione. Credo che a scuola la situazione sia cambiata e sia diventata piuttosto complessa anche nel gruppo classe, mediamente composto da un certo numero di bambini e bambine con disabilità, in aumento costante. Oggi più che mai è necessaria una vera riforma della scuola a partire da uno studio approfondito della condizione degli studenti. Dobbiamo iniziare a ripensare il nostro sistema di insegnamento. La didattica, che dovrebbe andare a caccia di risorse, capacità, potenzialità, viene marginalizzata nella cultura scolastica-. La scuola non può essere il luogo dove chi ha più possibilità e più strumenti avanza, e chi ha difficoltà o scarsità di mezzi resta indietro. E soprattutto, per tutti e tutte, la scuola deve essere un luogo di benessere".
*vicesindaca di Rimini