Omicidio di Misano, il killer: "Non volevo ammazzarlo, ho perso la testa"

Ucciso a sprangate, l'assassino scoppia in lacrime e confessa il delitto: "Avevamo discusso, non ci parlavamo più da tempo"

Misano (Rimini), 13 gennaio 2022 - "Non volevo farlo, non volevo". Edi Žegarac lo ha ripetuto più e più volte, sia ai carabinieri della compagnia di Riccione, che alla presenza del sostituto procuratore Luigi Sgambati. L’uomo, 54 anni, in manette per l’omicidio di Nicola Donadio, è apparso confuso, ma si è mostrato collaborativo con gli inquirenti, ammettendo spontaneamente di aver aggredito il vicino di casa (che è stato colpito in testa più e più volte con un bilanciere). Davanti al suo avvocato, Massimiliano Orrù del foro di Rimini, che ieri lo ha visitato in caserma, è scoppiato in lacrime, dicendosi distrutto per quel terribile gesto, e soprattutto per i quattro figli della vittima.  

Agli inquirenti ha anche riferito di aver avuto una sorta di blackout mentale: ricorda solamente di essersi seduto fuori dal container di Donadio, sapendo che a quell’ora (le sei del mattino) sarebbe tornato dal lavoro. Poi lunghi minuti di buio totale, con le immagini che nella testa del 54enne si fanno confuse e sbiadite. Al suo ‘risveglio’, si è ritrovato seduto nel bagno della casa della vittima, con gli abiti ancora sporchi di sangue. Da lì a poco i carabinieri hanno fatto il loro ingresso e lo hanno arrestato. Žegarac ha poi aggiunto di non essersi appostato fuori dall’alloggio di Donadio con l’intento di uccidere. Il suo obiettivo – è la versione fornita agli investigatori – era quello di confrontarsi, di parlare con il vicino di casa, e di convincerlo a rimettere la querela che aveva presentato contro di lui per lesioni personali. Poi però avrebbe perso completamente ogni barlume di lucidità, e quello che doveva essere un semplice chiarimento si è così trasformato in un brutale delitto. In passato Zegarac aveva lavorato come operaio, ma da un po’ di tempo era disoccupato.

Da giovane aveva frequentato il seminario, e viene descritto come una persona mite e dedita alla lettura (in casa sua sono stati trovati molti libri). Ha spiegato che lui e il 50enne erano ormai da tempo ai ferri corti. Anche se abitavano a pochissime metri di distanza, in quel piazzale che il Comune di Misano ha messo a disposizione delle persone bisognose, da mesi ormai non si rivolgevano più la parola. "Ci evitavamo a vicenda" ha detto al suo avvocato. All’origine di tutto quell’astio ci sarebbe stata una vecchia ruggine.

La faida sarebbe cominciata l’anno scorso, per un motivo all’apparenza banale. Una lite tra vicini di casa, scoppiata – a quanto pare – a causa di una fioriera, situata in quel piccolo cortile che i due condividevano: da una parte la roulotte di Žegarac, dall’altra il container di Donadio. Come spesso accade in questi casi, un motivo futile aveva alimentato le tensioni, trasformando una semplice diatriba in qualcosa di più. I rapporti tra i due si erano interrotti irrimediabilmente alcuni mesi quando, durante l’ennesima lite, lo sloveno avrebbe spintonato Donadio, buttandolo a terra e procurandogli lesioni guaribili in tre giorni, oltre a rompergli il cellulare. Il 50enne originario della Basilicata era corso dai carabinieri a denunciare l’accaduto e qualche giorno fa Žegarac aveva appreso della cosa, scoprendo di essere coinvolto in una vicenda giudiziaria. Sarebbe stata questa la molla che lo avrebbe portato ad agire, posizionandosi fuori dall’abitazione del vicino.