Rimini, 18 ottobre 2024 – Sono da poco passate le 17, quando il gup di Rimini Vinicio Cantarini pronuncia la sentenza: condannato a 12 anni, con la formula del rito abbreviato, l'albanese Klajdi Mjeshtri. L’ex buttafuori di Fano è accusato di avere ucciso a pugni il 34enne Giuseppe Tucci, vigile del fuoco di Foggia, padre di un ragazzino di 15 anni, dopo una lite avvenuta fuori dalla discoteca Frontemare di Rimini l’11 giugno 2023.
Tensione in aula alla lettura della sentenza
Riqualificata l’accusa a suo carico: da omicidio volontario aggravato a omicidio preterintenzionale aggravato dalla minorata difesa. Applicata quindi la pena massima con la riduzione di un terzo per il rito abbreviato (da 16 a 12 anni). Fuori dall’aula, scoppia la contestazione dei familiari di Tucci: non era questa la sentenza che i parenti del vigile del fuoco si attendevano. Fischi, urla, tensione alle stelle, papà Claudio e la mamma Lella scoppiano in lacrime mentre per riportare l’ordine deve intervenire la polizia. “Bella sentenza per tutti gli italiani” urla un parente, battendo ironicamente le mani. “Che schifo di Paese”, “è una vergogna”, “in questo Paese la giustizia non serve”.
Il pubblico ministero Davide Ercolani aveva chiesto per il buttafuori il massimo della pena, ridotta a 20 anni in funzione del rito abbreviato. Il pm era affiancato da Matteo Signani, il pugile di Savignano campione europeo dei pesi medi, sottocapo della Guardia costiera, che ha ricostruito la scena dell’aggressione utilizzando un manichino da boxe per simulare la traiettoria dei pungi inferti al vigile del fuoco. Gli avvocati difensori di Mjeshtri, Massimiliano Orrù e Piero Ippoliti, hanno sostenuto che l’albanese non abbia agito spinto dalla volontà di uccidere ma ingaggiando con il vigile del fuoco uno scambio di colpi reciproci, e hanno chiesto di derubricare il reato in omicidio preterintenzionale con l’esclusione delle aggravanti “in base a forti elementi che derivano dal fascicolo di indagini, dai referti medici e dalle testimonianze”. In apertura di udienza, Mjeshtri ha rivolto un suo messaggio di scuse ai familiari della vittima: “non avrei mai immagino che sarebbe finita così”.
“La vita di mio figlio non può valere 12 anni”
Nel corridoi del tribunale di Rimini l’aria è pesante, presagio di tempesta. Assiepati sulle panche ci sono i familiari di Giuseppe Tucci. Facce scure, occhi lucidi, immagini di Giuseppe, sorridente nella divisa dei pompieri o con il ponte di Tiberio alle spalle. Qualche parente ha portato con sé i bimbi piccoli. Non la smettono più di strillare, snervati dalla lunga attesa. Un’attesa che brucia e corrode come un fuoco anche papà Claudio. Misura avanti e indietro il corridoio, sospirando. Si ferma a parlare con i giornalisti. Poi davanti alla porta chiusa dell’aula dove si sta celebrando il processo. "Non ce la facevo più a sentire, sono dovuto a uscire” mormora. La tensione sale alle stelle quando in aula, alle 17, fa il suo ingresso il gup Vinicio Cantarini per la lettura della sentenza. Sentenza che, sui familiari di Tucci, ha l’effetto di una bomba. Mamma Lella scoppia in un pianto dirotto. “La vita di mio figlio non può valere 12 anni”. Tutt’intorno rimbombano le urla degli altri parenti, che continuano a parlare di “giustizia tradita”. Il marito Claudio cerca di consolarla, ma anche lui fatica a trattenere le lacrime. “E’ impossibile che un assassino senza pietà se la caverà con quasi niente - dice tra i singhiozzi -. Dodici anni: una presa in giro per noi genitori e per tutta Italia. Noi ci avevamo creduto, confidavamo nella giustizia. Che legge è questa che tutela gli assassini e non le vittime? Purtroppo, è stato come una pugnalata che ha ucciso un’altra volta mio figlio e anche noi genitori”. I familiari di Tucci però di una cosa sono convinti: «Non ci fermiamo qui. Adesso si va avanti”.
Quel tragico 11 giugno 2023
La discussione iniziata dentro il locale sarebbe degenerata e poi sfociata in un'aggressione violenta, con Tucci che riportò subito gravi ferite alla testa. La morte cerebrale fu dichiarata poco dopo il ricovero in ospedale. La famiglia decise di donare gli organi.
L'episodio ha suscitato grande commozione e indignazione pubblica, riaccendendo il dibattito sulla sicurezza nei locali notturni e sulla violenza.