Ovadia, illusioni yiddish "Da anni un’epopea ironica"

Teatro e musica oggi al Galli per l’imminente Giornata della memoria "Parlo di cose universali, dietro c’è un messaggio sul concetto di straniero"

Ovadia, illusioni yiddish  "Da anni un’epopea ironica"

Ovadia, illusioni yiddish "Da anni un’epopea ironica"

Torna Moni Ovadia al Teatro Galli di Rimini con il suo Oylem Goylem (il mondo imbranato) un vero e proprio fenomeno epocale. Questo classico intramontabile delle scene, inimitabile cabaret yiddish con musiche klezmer che quest’anno celebra il suo trentennale, è atteso oggi alle ore 21, in occasione dell’imminente Giornata della Memoria. Uno spettacolo cult dove si ride, ci si commuove, ci si indigna. E alternando brani musicali e canti a storielle, aneddoti, citazioni, diventa antidoto contro violenza, intolleranza e razzismo. In scena con Moni Ovadia ’Salomone’ ,attore teatrale, drammaturgo, scrittore, compositore, cantante italiano in questo allestimento anche Maurizio Dehò al violino, Luca Garlaschelli al contrabbasso, Paolo Rocca al clarinetto, Albert Mihai alla fisarmonica, Marian Serban al cimbalon.

Ovadia, come si traduce un ’mondo imbranato’ in un Cabaret?

"Attraverso l’umorismo si smascherano le pretese. La cultura Yiddish sa ridere di se stessa. Io porto in giro da trent’anni un’intera epopea di un mondo ad altri mondi che non la conoscevano. Mi permette di costruire una dimensione etica, di portare a riflessioni una cultura eterodossa per comunicare a un intero mondo, a più livelli. A un mondo che ha subìto un destino tragico ma ha impollinato tanti Paesi europei fino agli Stati Uniti".

Un successo iperbolico. La gente capisce le intenzioni e il messaggio?

"Alcuni capiscono, altri no. Alcuni si confrontano solo con la fragilità di questa umanità e scoprono la dimensione dello straniero. C’è chi lo intuisce. Non so davvero cosa pensa il pubblico, so che la gente lo viene a vedere due o tre volte e non lo so il perché. Ha varie letture per vari pubblici. Lo scopo del teatro è emozionare, far riflettere. Parlo di cose universali, che appartengono a ebrei e non ebrei. Mi rivolgo a quelli che non hanno coltivato il rigurgito del nazionalismo, che rigettano il culto del nazionalsocialista".

Guerre e ignoranza. Crede sia possibile inventare un futuro migliore?

"La nostra evoluzione è lentissima, non siamo ancora scesi dalle piante. Siamo regrediti, instupiditi, abbiamo fatto passi in avanti nella tecnologia, nella scienza, ma poi basta guardare la tv e vedi programmi idioti. La tv rade al suolo i cervelli. Io credo che non esista un futuro senza la consapevolezza di chi siamo. Il mio teatro guarda al futuro perché gli ebrei hanno prefigurato il futuro con un’umanità lancinante, non attraverso l’economia dei mercati o del Dio denaro. Sarebbe utile approfondire la cultura dell’esilio. Vivremo in pace solo se impareremo a diventare stranieri a noi stessi. Accettare la condizione dello straniero sarebbe utile".

Preferisce raccontare, cantare, comporre, scrivere, ballare, interpretare?

"Mi piace molto stare sul palcoscenico qualunque cosa faccia, purché si faccia insieme. Sono a casa mia".

E respirare Fellini è una sensazione magica?

"Io sono un cultore dei film di Fellini e dell’arte che ha rappresentato. La Rimini di Fellini è trasfigurata, non è reale, è dipinta".

Rosalba Corti