
Alcuni. proprietari delle case del condominio Nettuno, che rischia la demolizione
Sul caso del condominio Nettuno di Riccione l’amministrazione non assume posizioni, né fa dichiarazioni. Ma si dice "disposta a incontrare le parti interessate", in primis i condomini che hanno chiesto un confronto per capire che strada intraprendere per non procedere con la demolizione. Il Consiglio di Stato, con l’ultima sentenza ha ribaltato il giudizio a favore dei vicini di casa che hanno fatto ricorso, e ha dichiarato abusiva la costruzione, annullando la concessione edilizia rilasciata dal Comune il 9 aprile 2003. La querelle giudiziaria si trascina da una ventina di anni, attraversando nel tempo le varie giunte. E adesso è la sindaca Daniela Angelini a ritrovarsi in mano la patata bollente. Per scongiurare la demolizione una soluzione potrebbe essere la sanatoria. Che ha però dei costi altissimi: tra 600mila e 2 milioni di euro, stando a una prima somaria stima. Ma i condomini non ci stanno: "Non si possono far pagare i danni a noi proprietari, non siamo noi ad aver commesso l’errore". Anche se, tra loro, c’è chi sarebbe pronto a trattare. In municipio, dove la situazione del condominio all’angolo tra i viali Tasso e Pergolesi è perfettamente noto, ci si sta muovendo per incontrare le parti al più presto.
Nel frattempo i proprietari dei 10 appartamenti a rischio demolizione hanno sollecitato le forze politiche di destra e sinistra. "Stiamo aspettando che qualcuno ci dia un riscontro – spiega uno di loro, Paolo Travagli, originario di Cento, che ha sollevato il caso raccontando la vicenda – Nel frattempo stiamo depositando tutta la documentazione necessaria per bloccare la demolizione, che è il problema principale per noi in questo momento. La scadenza è in aprile, occorre muoversi in fretta".
La paura di perdere i risparmi investiti in quell’appartamento acquistato l’11 dicembre 2015 con la moglie Francesca, con atti di rogito e muto perfettamente regolari, è tanta. Per loro, e per tutti gli altri condomini. Compresa Annamaria D’Ambrosio, che aveva venduto l’allora hotel Nettuno a una società immobiliare in cambio di tre appartamenti. Il regolamento edilizio all’epoca autorizzava le strutture come questa a sforare del 10 per cento i limiti posti per altezza e distanze. Nel caso del Nettuno si era andati in deroga. Uno spiraglio di luce si era aperto con la prima sentenza che aveva dato ragione ai condomini. Il caso sembrava chiuso, ma poi è arrivata l’amara sorpresa.
Nives Concolino