Palla al centro, fischia l’arbitro Laura: "In campo non c’è sessismo, sugli spalti sì"

Cordani, 35 anni, primo direttore di gara donna di San Marino: "Lo faccio per hobby e giro l’Europa. Si rischia di più nelle serie minori"

Palla al centro, fischia l’arbitro Laura:  "In campo non c’è sessismo, sugli spalti sì"

Palla al centro, fischia l’arbitro Laura: "In campo non c’è sessismo, sugli spalti sì"

di Mario Gradara

"Al Camp Nou di Barcellona c’erano 28.700 persone sugli spalti per l’incontro di qualificazione alle finali di Women’s Champions League, a dicembre, tra Barcellona e Rosengård: l’emozione più grande è quando ti schieri con le squadre e suona l’inno di Champions, con le ola, i cori, le lucine dei cellulari: mi è passato davanti il film della mia vita da assistente e arbitro di calcio". Laura Cordani, 35 anni, laurea in Relazioni internazionali a Milano, specializzazione a Bologna, dallo scorso agosto funzionario del settore Lavori pubblici del Comune di Rimini, parla di quella che è la tappa più recente di una carriera brillante e in ascesa.

Come ha iniziato?

"Nel 2004, come arbitro della sezione di Piacenza, mia città d’origine. Prima arbitrando i Giovanissimi, poi la scalata, fino a essere arbitro di Promozione ed Eccellenza, ovviamente maschile, nel 2013".

Lei è nata nel 1987, aveva solo 26 anni.

"Sì, ho cominciato presto ad arbitrare, a 17 anni. In pratica, lo faccio da più di metà della mia vita, da 18 anni".

Come le è venuta l’idea?

"Andava allo stadio Garilli a seguire il Piacenza che a quel tempo navigava tra serie A e serie B, avevo 12-13 anni, con mia mamma e delle sue amiche. Mi veniva naturale difendere l’arbitro, attaccato da tutti, capire il suo punto di vista. ’Farà quel che deve fare’, dicevo a mia mamma".

Poi?

"Mi è venuta la curiosità di capire il regolamento. Un giorno allo stadio distiribuivano un volantino che pubblicizzava un corso pte arbitri, dai 16 anni. Io ne avevo 14. L’ho appeso nella mia camera, sulla porta, fino a quando il corso l’ho fatto, a 17 anni".

Ha mai giocato a calcio?

"Ho giocato un po’ a calcetto femminile durante il corso. Ho una grande passione per il calcio guardato".

Per che squadra tifa?

"Da quando arbitro non tifo più nessuna squadra, deformazione professionale".

Ha un modello di direttore?

"No. Mi piace però guardare le partite con l’occhio dell’arbitro. In particolare mi concentro sul fuorigioco".

Torniamo alla sua carriera.

"Nel 2013 mi sono trasferita in Romagna: ho fatto una stagione nel turismo prima di andare per un periodo a Londra, e in Francia. Ci sono tornata perché qui mi piace e sono rimasta".

E la carriera?

"Quell’anno sono diventata assistente arbitale (l’antico guardalinee, ndr) sempre per la Figc, Federazione italiana gioco calcio, fino alla serie D maschile, e alla A femminile, nel 2018-2019. Da quell’anno come arbitro mi sono trasferita alla Federazione sammarinese gioco calcio, seguendo sia il futsal, il calcio a 5, sia il calcio a 11 maschile, arbitro nel campionato del Titano. E voglio ringraziare di cuore la Fsgc per aver creduto in me".

Da quando è ’internazionale’?

"Dal 2022, confermata per il 2023, sempre per la Fsgc, come assistente. Ho fatto un corso a marzo a Lyon, sede dell’Uefa. Poi ad agosto le qualificazioni di Champions League femminile a Madrid, con la partita Real Madrid - Sturm Graz Damen, e la finale di qualificazione tra Manchester City e Real".

E’ più difficile arbitrare gli uomini o le donne?

"La partita degli uomini è più veloce. Le donne hanno più rispetto, e non fanno simulazioni, in genere".

Essere arbitro donna è un vantaggio o un handicap?

"In campo c’è molto rispetto, sia nelle partite maschili che femminili. Sugli spalti gli spettatori sono cattivi, dicono di tutto. Manca la cultura, non c’è l’abitudine di vedere un arbitro o un assistente donna".