ANDREA OLIVA
Cronaca

Il papà di Mattia, ucciso a 14 anni: “I due baby killer vittime come lui”

Il papà chef di Misano Adriatico e la tragedia a Istanbul: “Quando li ho visti non sono riuscito a provare odio. Sono furioso nei confronti di chi crea questi mostri”. A Misano l’incontro con i ragazzi dell’età di suo figlio. Minacce durante il processo, condannati gli autori

Mattia Minguzzi era nato nel 2010 a Istanbul. Il padre Andrea, chef, è originario di Misano Adriatico. Nel riquadro, scopre la targa per il figlio assieme alla mamma di Mattia, Yasemin Akincilar

Mattia Minguzzi era nato nel 2010 a Istanbul. Il padre Andrea, chef, è originario di Misano Adriatico. Nel riquadro, scopre la targa per il figlio assieme alla mamma di Mattia, Yasemin Akincilar

Misano Adriatico (Rimini), 24 maggio 2025 – La mano di mamma Yasemin che accarezza la targa con su scritto il nome del figlio, Mattia Ahmet. E le lacrime. I genitori del quattordicenne ucciso in un agguato al mercato di Istanbul nel gennaio scorso, ieri mattina sono arrivati a Misano per parlare ai ragazzi dell’assurdità della violenza. Sono rimasti al mattino in palestra con gli studenti di terza media dell’istituto comprensivo, ascoltando canzoni rap sull’inclusione e la melodia del violoncello del maestro Christian Bellisario. Mamma Yasemin non ha voluto starsene seduta al tavolo con sindaco e autorità. Si è alzata a si è seduta a terra, tra i ragazzi. Le hanno dato una rosa bianca, e lei è rimasta lì con loro, con quei ragazzi e ragazze che hanno l’età di Mattia Ahmet.

Andrea Minguzzi e Yasemin Akincilar rimarranno in Italia, a Misano dove vivono i nonni e la zia, ancora alcuni giorni. Quella di ieri è stata un’occasione per portare il loro messaggio contro la violenza, come stanno facendo in Turchia dove hanno raccolto 200mila firme per una riforma legislativa che chiede pene più severe per i crimini giovanili e una maggiore responsabilità dei genitori. Una battaglia che non ha risparmiato minacce continue alla famiglia Minguzzi. Giusto ieri sono stati condannati i cinque imputati nel processo per le minacce rivolte alla famiglia, con pene comprese tra venti mesi e quattro anni e otto mesi.

L’intervista

Andrea Minguzzi cosa significa per voi essere a Misano?

"Più persone riusciamo a raggiungere e meglio è. Non lo facciamo per noi. Non lo facciamo per rinnovare il dolore, lo facciamo per le nuove generazioni. Perché crediamo davvero in questo messaggio contro la violenza. Noi pensiamo che la tragedia che ci ha travolto purtroppo è all’ordine del giorno, e non solo in Turchia. Anche in Italia la violenza è un tema attuale".

Quali progetti avete per sostenere la battaglia?

"In Turchia stiamo pensando di realizzare una fondazione o una associazione, i termini del progetto dobbiamo ancora chiarirli. L’obiettivo sarà aiutare le persone che hanno subito quanto è capitato alla nostra famiglia, investita da questa violenza. C’è anche un’altra cosa. Io sono un cuoco, cercherò di fare tutto il possibile per recuperare i ragazzi provenienti da queste famiglie problematiche. Dobbiamo partire dagli ultimi".

La morte di Mattia Ahmet ha scosso l’opinione pubblica turca e italiana. Tantissime le testimonianza di vicinanza, perché secondo lei?

"Questa tragedia è successa alle 8,30 del mattino, in un un mercato pubblico dove non è stata garantita la sicurezza, dove Mattia non aveva alcun coinvolgimento con questi criminali attentatori. Per questo la gente ha detto basta. È arrivato il momento di dire basta a tutto questo. Ci si deve muovere per fare qualcosa di importante".

Cosa vorrebbe accadesse?

"In Turchia stanno cambiando la legge. Sicuramente questi ragazzi sono usati da persone che conoscono la legge e sanno che tra i 15 e 18 anni ci sono grandi sconti di pena. Quindi io non colpevolizzo i ragazzi, ma questo sistema. Cercheremo e vorremmo che la nuova legge prendesse il nome di Mattia Ahmet. Vorremmo che non vi fossero sconti di pena in casi così gravi. Ma tutto questo deve avvenire sempre nell’ottica di riabilitare".

Ha incontrato i ragazzini accusati dell’omicidio?

"Li ho visti in occasione della prima udienza".

Cos’ha provato?

"Quando li ho visti… in Turchia non capirebbero quanto sto per dire. Non sono riuscito a provare odio. Nel mio cuore li ho perdonati, ma in Turchia non va detto perché equivale a giustificarli. Io non la vedo così. Penso che sono vittime anche loro. Sono cresciuti in ambienti dove non hanno visto carezze o gentilezza. Vederli mi fa male. Sembravano dei bambini. Sono più arrabbiato con chi ha creato questo mostri".

Quando tornerà in tribunale?

"Il 20 giugno ci sarà la terza udienza, un momento molto importante. Mia moglie ha lanciato un appello per chiedere il supporto dell’Italia a livello diplomatico. Un appello rivolto ai giornalisti e ai politici. Ci è stata garantita la presenza del console generale, una vicinanza che ci fa molto piacere".