Pedini Amati si dimette, il governo lo ‘assolve’

Dopo la sfuriata contro i colleghi delle settimane scorse, il ministro si scusa e resta al suo posto: "Ho usato toni sbagliati, ora avanti uniti"

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"Mi sono trovato in una condizione molto particolare, ero preoccupato, e il mio atteggiamento è stato debordante". Dopo le parole di fuoco lanciate verso i colleghi di governo, arriva il mea culpa del segretario di Stato al Turismo, Federico Pedini Amati. Bisogna tornare indietro con la memoria di qualche settimana per ricordare quanto successo. Erano i giorni in cui nella sede della Segreteria Turismo era scoppiato un incendio causato da un corto circuito. Sed, sprovvista di agibilità, immediatamente evacuata con i dipendenti, segretario di Stato compreso, costretti a postazioni di fortuna per lavorare. "Ero preoccupato per l’incolumità delle persone – dice il ministro Pedini Amati – ma questa non è una giustificazione per i toni che ho usato". Così, il ministro sammarinese rimette il mandato nelle mani dei colleghi del Congresso di Stato "naturalmente dopo essermi scusato per i toni con i Segretari Canti e Gatti". Dimissioni che, dopo un dibattito interno al Congresso, sono state respinte all’unanimità. "Il Congresso mi ha confermato la fiducia, questa fase ora è superata – riferisce Pedini Amati – e andiamo avanti più forti di prima perché le sfide da affrontare sono tante e anche piuttosto preoccupanti". Parole, quelle pronunciate proprio ieri dal ministro sammarinese, che non passano inosservate tra la minoranza. "Evidentemente – attacca Libera – non usa più consegnare le dimissioni alla Reggenza e poi discuterle in Consiglio grande e generale. Come fece Ciavatta, anche Pedini ha fornito le sue ‘dimissioni non irrevocabili’ e ha preferito la poltrona ai fatti concreti. Come se ricoprire un incarico apicale di così grande importanza fosse uno scherzo: prima accusa i colleghi di incapacità, di mancanza di risultati, di azioni sconsiderate per il Paese, di presunte azioni illecite e poi per Pedini è tutto passato, anzi si va avanti più determinati di prima". "E i computer esplosi? E il corposo staff di segreteria disperso e costretto a lavorare negli automezzi – rincarano la dose da Repubblica Futura – E l’edificio non a norma? Tutto sparito dinnanzi al timore di perdere una comoda poltrona in Congresso di Stato".