Pironi, l’uomo che ha vissuto due volte "Adesso chiedetemi se sono felice"

La caduta e la risalita dell’ultimo sindaco di sinistra eletto a Riccione. La storia di un "bravo ragazzo" e le faide che hanno segnato una generazione. Poi il secondo tempo e il viaggio finale con i nuovi compagni speciali

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Carlo Andrea

Barnabè

A pochi capita di vivere due vite. Il destino ci mette di fronte a sliding doors che non apriremo mai. Per Massimo Pironi la sconfitta, brutale amara dolorosa, si rivela un’opportunità. Uscito dalla porta secondaria della politica, si ritrova davanti al portone del Centro 21. Il suo non è un Aventino, ma l’inizio di un’altra vita. Lui che a 16 anni faceva già politica al liceo, che aveva scalato ogni gradino del potere, che era finito nella polvere per restarci, la viveva come una scoperta. Non una rivincita, perché Massimo Pironi era un mediano, non un fantasista.

Era diventato sindaco a furor di popolo, dopo un lacerante scontro alle primarie, dal quale ancora oggi il Pd riccionese non si è ripreso. I compagni, il prete tifoso, persino la destra in fila per farlo vincere. Lui comunista ma non troppo. Il male minore, anche per chi stava dall’altra parte. Ultimo erede di una generazione di predestinati. Massimo Masini, Daniele Imola, Pironi e Valeriano Fantini. La mente più lucida, il deus ex machina. Pironi vincerà quelle elezioni (siamo nel 2009) e cinque anni dopo sarà costretto a lasciare. Un pugno di voti lo dividono dal secondo mandato da sindaco. Il partito si spacca, ancora. Lo accusano di non avere la stoffa del goleador. Non hanno tutti i torti, lui non è Maradona. Ma se la squadra ti gioca contro, hai voglia pedalare...

Nessuno intuisce, in quel momento, che la porta gira per l’ultima volta. Pironi sarà l’ultimo sindaco di sinistra eletto a Riccione. Si chiude il cerchio, la faida spazza via un’intera generazione. Quella successiva dimostrerà di non essere all’altezza, consegnandosi a un decennio di sconfitte. Il Pd rientrerà, otto anni dopo, dalla porta principale del municipio, ma senza dare nell’occhio, grazie a una candidata civica sorvegliata a vista dalla nomenclatura, o di quel che ne resta.

Intanto Pironi fa Pironi. Non si candida a niente e nessuno lo candida a qualcosa. Dà una mano, come ha sempre fatto. Perché è un bravo ragazzo. Lo è sempre stato, ricorda l’ex onorevole Sergio Pizzolante. Di quegli uomini che fanno politica perché, come cantava Gaber, "credono di poter essere vivi e felici solo se lo sono anche gli altri". Passa, come passano le stagioni. Non è più tempo, in politica, per i "bravi ragazzi". Pironi si trova davanti una porta. La infila, lasciando l’altra vita alle spalle. Il Centro 21 è un’occasione di vivere per gli altri. A scorrere le foto sui social Pironi mostra un sorriso diverso. Non quello tirato dei momenti ufficiali. Si intravede piuttosto uno sguardo tra il divertito e lo stupito. Lui e i ragazzi. Una cosa speciale.

Ci sono parole di Aldo Moro che sembrano scritte per raccontare questa storia. "Senza la politica manca all’uomo l’ambiente nel quale costruire il suo mondo, ma se la politica vuole essere tutta la vita, l’uomo è finito e la vita perde la sua chiarezza e ricchezza. Al di là della politica c’è un residuo immenso che rischiamo ancora di sprecare". Massimo Pironi quel "residuo" di vita l’ha preso al volo. Ci si è buttato dentro, con la generosità e il candore che, nella prima vita, furono causa della caduta. E sembra quasi di vederlo, seduto al volante del pulmino, mentre canta con i suoi ragazzi speciali una canzone di Battisti. Chiedimi se sono felice. E’ un attimo. Che spalanca un abisso di gioia. E un’altra porta si chiude. Per sempre.