Rimini, 24 maggio 2025 – La scalata era finita. Le mani graffiate, l’adrenalina ancora viva nelle vene, i sorrisi stanchi di chi ha vinto la roccia. Era il momento del ritorno, quello in cui la tensione si scioglie, quando i piedi si rimettono sui sentieri e lo sguardo si allarga di nuovo verso l’orizzonte. Ma è proprio lì, tra la fine dell’impresa e l’inizio del sollievo, che la tragedia ha trovato spazio.

Una donna di 32 anni, cittadina moldava residente a Faenza che aveva frequentato la palestra di arrampicata ‘Vertical’ a Forlì dove tuttora ha legami e parenti, è morta questa sera scivolando lungo un sentiero che costeggia la parete della Seconda Torre del Monte Titano. Non era più in arrampicata, la cordata si era conclusa, e con i due amici che erano con lei stava ripercorrendo il tratto in discesa verso valle. Un passaggio forse insidioso, un appoggio mancato, un attimo soltanto. È precipitata nel vuoto, sparendo tra rocce e boscaglia.
I due amici, anche loro alpinisti esperti, si sono voltati di scatto solo dopo aver sentito il tonfo. Niente urla, niente preavvisi. Un rumore secco, poi il silenzio. Hanno gridato il suo nome, si sono affacciati sull’orlo, ma di lei nessuna risposta. Solo il buio del bosco sotto di loro.
Le operazioni di recupero sono partite subito, ma la zona è impervia, difficile da raggiungere. La luce stava già calando e la vegetazione fitta ha reso complicato l’avvicinamento. I vigili del fuoco di Rimini e la Polizia Civile di San Marino hanno camminato nel tentativo di localizzare il corpo. Solo una squadra, a piedi, è riuscita a raggiungere il punto in cui si trovava la salma. Il recupero, però, non è stato possibile fino a tarda ora.
La giovane, molto conosciuta nell’ambiente escursionistico dell’Emilia-Romagna, era solita condividere le sue salite e i suoi percorsi sui social. Amava la montagna, ma soprattutto quel senso di sfida e libertà che solo chi scala può davvero comprendere. Oggi aveva scelto con gli amici uno dei luoghi più suggestivi e difficili del Monte Titano, la parete a ridosso della Seconda Torre, quella che si staglia netta e selvaggia sulla strada Sottomontana.
Non era alle prime armi. Avevano raggiunto la parete nel pomeriggio, lasciando l’auto al parcheggio 7, seguendo la traccia tortuosa che sale fino alla parete. La scalata si era conclusa senza problemi. Erano stanchi ma soddisfatti. Poi il ritorno, quel tratto di sentiero che sembrava banale dopo la fatica della roccia. È lì, in quel passaggio secondario, che la montagna ha chiesto il suo prezzo.