"Pronti a cedere alcune opere d’arte per sistemare le nostre chiese"

L’economo della Diocesi, don Danilo Manduchi: "Se ci arriveranno offerte le valuteremo attentamente. L’obiettivo è trovare di volta in volta le risorse per mettere in sicurezza e restaurare gli edifici religiosi"

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di Manuel Spadazzi

Le offerte dei fedeli da sole non bastano. E anche se il debito si è ridotto ancora (leggi l’articolo qui a fianco), la Diocesi di Rimini è chiamata a fare scelte sempre più difficili, per affrontare i costi di restauro e messa in sicurezza di alcune delle principali chiese. La situazione di Santarcangelo, in questo senso, è emblematica: per completare i lavori della Collegiata, si sta valutando di vendere un’altra delle chiese del paese, quella del Suffragio. E non è l’unico caso di cui si sta occupando don Danilo Manduchi, parroco di San Martino in Riparotta ed economo della Diocesi.

Don Manduchi, ci sono altre chiese che la Diocesi ha intenzione di mettere sul mercato per cercare di sostenere i lavori necessari in altre?

"Faccio una premessa. Questo nostro tempo si caratterizza per un forte secolarismo, che vedrà meno necessità di strutture ecclesiali e meno capacità di gestione delle stesse. Appare allora saggio scegliere le situazioni che avranno un futuro per la missione della Chiesa rispetto a quelle di cui si potrà o dovrà fare a meno. Pensiamo a Santarcangelo, dove ci sono sei chiese: fino a quando potremo conservarle tutte e continuare a officiare in tutte? E poi, servono veramente oggi tutte queste chiese? Non è meglio pensare a conservare le chiese indispensabili, e mettere le altre a disposizione di servizi socialmente utili per la gente?".

Chiarito questo, oltre alla chiesa del Suffragio di Santarcangelo ce ne sono altre che potrebbero finire sul mercato?

"Posto che a oggi non si è ancora deciso nemmeno di vendere il Suffragio, ma solo di esplorare la possibilità di farlo, non è in programma a oggi l’alienazione di altre chiese. Che, in ogni caso, dovrebbero prima destare il potenziale interesse di qualche compratore.

Neanche la chiesa di San Nicolò a Rimini, tuttora chiusa, sarà venduta?

"La chiesa di San Nicolò è attualmente chiusa al culto perché il progetto di restauro e messa in sicurezza costa oltre un milione di euro. Ma è stata affidata alla comunità di Montetauro, che lì svolge attività sociale, educativa, pastorale a favore della comunità cinese di Rimini e non solo".

Oltre alla vendita di immobili, la Diocesi sta valutando di vendere parte delle opere d’arte che possiede?

"Si tratta di un’ipotesi del tutto teorica, per il momento, ma non improponibile. Dipenderà naturalmente da una serie di condizioni come l’uso che ne vorranno fare gli acquirenti, il prezzo, lo stato di fatto…".

Nel caso, a chi potrebbero andare le opere? Ci sono già trattative in corso?

"No, non ci sono trattative in atto. Ma se soggetti quali collezionisti, enti o fondazioni bancarie avanzassero delle proposte, verranno valutate con attenzione. E lo faremo, ovviamente, in relazione all’uso e necessità dei ricavi".

Sono già state individuate le opere che potrebbero essere cedute? Il piano che si sta portando avanti servirà alla Diocesi anche per affrontare il caro-bollette?

"Non esiste un piano programmato, ma solo la necessità di trovare di volta in volta le risorse, non solo tramite alienazioni, per rispondere al problema della sicurezza e dell’efficienza energetica delle chiese. Di sicuro i ricavi da eventuali vendite non dovranno servire per i costi ordinari come il caro-bollette: saranno destinati a sistemare e a migliorare gli immobili che necessitano di interventi".