Riccione 100 anni: da pescatori a fabbricanti di sogni

La metaformosi di una città che nel 1922 non aveva acqua e luce. Ora è diventata un modello nazionale

Riccione, 19 ottobre 2022 - Ottobre 1922. Riccione diventa autonoma, l’Italia fascista. Convergenze della storia. Oppure no. E’ lo spirito del tempo a trascinare gli eventi: Riccione si libera dal giogo riminese, nove giorni più tardi Mussolini guida la marcia su Roma. Si ritroveranno, la città liberata e il Duce, quattro anni dopo, quando il capo del fascismo farà dell’ex "landa deserta di sabbia brulla" la capitale balneare della nazione. Un secolo dopo è ancora lì. Non sono più i cinegiornali Luce a celebrare le assolate spiagge in riva all’Adriatico, ma i messaggi su Instagram delle celebrità. Una litania di auguri. Jovanotti e Fiorello, Bertè e Cremonini, Barzagli e Materazzi. Riccionesi non per nascita ma per amore.

I festeggiamenti per i 100 anni di Riccione
I festeggiamenti per i 100 anni di Riccione

Cent’anni sono pochini per chi è abituato a pesare la storia. Ma sono cent’anni che hanno segnato il costume italiano. Da borgo di pescatori che a fine Ottocento non aveva né acqua, né luce a fabbrica di tendenze. Rifugio dorato della borghesia emiliana ad enclave mondana negli anni Cinquanta. Riccione corre veloce. Anticipa i tempi. Scopre il turismo di massa ne ‘L’ombrellone’ di Dino Risi e ne fa un manifesto sociale. Perde terreno e di nuovo accelera. E’ pioniera del topless e strizza l’occhio ai ‘capelloni’ e alla rivoluzione sessuale. Gli anni Settanta sfumano al ritmo della disco. E siamo alle notti stroboscopiche di Vittorio Tondelli.

Riccione è da sempre un paradosso. "Anche il soprannome che l’accompagna dagli anni Venti – scrive lo storico di Ferruccio Farina – , il cui inventore è fortunatamente ignoto, pone qualche problema di tipo semiotico: una perla color verde non si è mai vista".

Paradossi balneari. I suoi primi ospiti sono i bimbi scrofolosi spediti in riva al mare a respirare l’aria buona. Dalla talassoterapia alla consacrazione a luogo glamour: un balzo siderale. Riccione tiene insieme l’esuberanza virile raffigurata nel mito del bagnino con l’ascesa del turismo gay, che spinge i più arditi a parlare di Perla rosa. Un oltraggio al ‘birro’. Alla cui memoria nessuno ha mai eretto un monumento, se non marginali tributi. Come quello di Enzo Biagi: "Ai primi raggi del solleone, gli abbronzati vitelloni della riviera romagnola sono al lavoro. Ripassano il vocabolario essenziale: mond,  la luna; spazieren, passeggiare; schlafen, dormire". Traduzione politicamente corretta di attività tutt’altro che riposante.

Paradossale anche in politica. Da spiaggia prediletta dall’Italietta fascista ai settant’anni di governo della sinistra. Dalle nuotate chilometriche deI Duce, scortato dal fidato bagnino Pasquale Corazza, a Terzo Pierani, detto Re Terzo, per 17 anni sindaco comunista, che tentò senza riuscirci di abbattere Villa Mussolini, e con essa quel che restava del suo ingombrante inquilino.

Riccione che è sempre stata come la Rai: di tutto, di più. In bilico tra il turismo per famiglie e la trasgressione della collina. Contraddizioni sonore. La giovane Patty Pravo denunciata dai carabinieri nel 1977 perché durante un concerto al Florida non abbassa il volume come prescritto delle norme comunali. E certe notti dove la musica non finisce mai. "Grazie Riccione". Dice Linus nel video in rete. "Grazie del regalo", e mostra la moglie Carlotta. Riccionese. Innamorato come Billy Costacurta: "Grazie di esistere". E Martina Colombari, l’unica doc, si affida al vernacolo: ‘Quant ci bela’.

Fiorello, nostalgico: "Abbiamo fatto i capelli bianchi insieme". Ognuno di loro racconta un pezzo di vita tra viale Ceccarini e il lungomare. Riccione li accoglie tutti. Per vanità e inclinazione. Certa di essere immortale.