Rimini Yacht, Lolli condannato in Appello

Associazione a delinquere: confermata la sentenza di primo grado. Quattro anni e sei mesi all’imprenditore bolognese per il crac

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Quattro anni e sei mesi. La Corte di appello di Bologna ha confermato la pena per Giulio Lolli, l’imprenditore bolognese (ma originario di Bertinoro) ex presidente di Rimini Yacht, condannato in primo grado lo scorso febbraio. Associazione a delinquere, il reato contestato. Il tribunale di Rimini lo aveva assolto dall’accusa di estorsione, dichiarando prescritti altri reati come falso e truffa, giudicandolo responsabile proprio per associazione a delinquere. In aula, ieri a Bologna, il pubblico ministero Davide Ercolani che per il ‘pirata’ aveva chiesto in primo grado dodici anni e mezzo.

Eppure, per Lolli e per il suo difensore, l’avvocato Antonio Petroncini, quell’associazione non è mai esistita. "Ha sempre detto di aver agito da solo" osserva il legale bolognese, che per il suo assistito aveva chiesto l’assoluzione. Il fondatore di Rimini Yacht si è sempre difeso sostenendo di essere colpevole delle truffe, ma quell’associazione per delinquere secondo lui non c’è mai stata, tantomeno è colpevole dell’estorsione da cui alla fine è stato assolto. "Truffatore sì, estorsore no" ha sempre mandato a dire dalla Libia. Proprio in Libia l’imprenditore degli yacht era fuggito anni fa, in seguito al crac della sua azienda, finendo arrestato e condannato all’ergastolo, nel Paese nordafricano, per terrorismo e fiancheggiamento di un gruppo estremista separatista. Di terrorismo e di traffico di armi ora risponde davanti all’autorità giudiziaria romana. Estradato nel 2019 dalla Libia (il pm Ercolani, che gli dava la caccia da anni, alla fine era riuscito a ottenere la sua espulsione e a riportarlo a casa), Lolli ha seguito ieri la discussione dal carcere di Ferrara.

Quella del terrorismo è un’altra storia. La storia di Rimini Yacht si è conclusa con il fallimento e il maxi-processo che ne è seguito. "Il mio unico scopo è sempre stato quello di salvare l’azienda. Speravo di sistemare i conti, di poter rientrare" aveva raccontato l’imprenditore durante il processo di primo grado. Quando la società ha fatto il botto, il ’pirata’ ha deciso che non sarebbe rimasto qui a subirne le conseguenze. Fuggendo in Libia, nel 2010.

Poi il rientro in Italia, il processo, la condanna in primo e in secondo grado per associazione a delinquere. Il pm Ercolani ha espresso "soddisfazione" per la sentenza. È di "delusione" l’istantanea che arriva dalla difesa di Lolli. "Per questo singolo reato – dice l’avvocato Petroncini – c’è stata una condanna a nostro avviso non fondata. Abbiamo presentato appello e la Corte ha ritenuto di confermare. Aspettiamo di leggere le motivazioni e valuteremo il da farsi". "Probabile" il ricorso in Cassazione.

Giuseppe Catapano