Sequestrato per ore, condannati due aguzzini

Nel 2019 avevano minacciato e picchiato nel loro covo un 51enne di Saludecio: sei anni di reclusione per una coppia di stranieri

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Per quasi due giorni, lo avrebbero tenuto rinchiuso nel loro covo, dopo averlo minacciato con una pistola e picchiato. Vittima del rapimento un uomo di 51 anni residente a Saludecio, che ha raccontato agli inquirenti di essere rimasto per ore e ore in bàlia di una banda di criminali di origini africane, prima di essere rilasciato. Per quella vicenda, risalente al 2019, la Corte d’Assise di Rimini ha condannato una cittadina del Gambia e un cittadino senegalese, Jagne Jariatou e Fall Alioune, rispettivamente a 6 anni (per sequestro di persona) e 6 anni di reclusione (per lo stesso reato e detenzione di armi). Nel sequestro, stando alla denuncia, sarebbero state coinvolte anche altre due persone: una è però morta durante una rapina, mentre un’altra risulta irreperibile. La storia, secondo gli inquirenti, ruoterebbe attorno a un traffico clandestino di automobili di lusso rubate, che venivano esportate dall’Italia alla Francia e successivamente in Africa a bordo di container.

Un business redditizio, e dietro cui c’era un’organizzazione composta da cittadini italiani, ma anche senegalesi, marocchini e gambiani. Stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti, nel 2019 l’organizzazione avrebbe contattato il 51enne della Valconca, chiedendogli di lavorare come trasportatore. Il suo compito, in altre parole, era quello di mettersi al volante delle auto e portarle in Francia. Durante uno dei suoi viaggi verso la frontiera, viene fermato a Torino per un normale controllo dalle forze dell’ordine. Le divise gli chiedono di vedere i documenti, scoprendo subito che l’auto su cui si trova è rubata. Il 51enne, accusato di ricettazione, finisce a domiciliari. Qualche giorno dopo però – qui inizia il suo racconto – avrebbe ricevuto la visita dei quattro africani.

"Scendi un attimo, vogliamo parlarti" gli avrebbero detto. Una volta di sotto, però, l’uomo si sarebbe trovato una pistola puntata addosso. Con la forza, sarebbe stato obbligato a salire su una macchina: i malviventi probabilmente sospettavano che l’autista avesse deciso di truffarlii, facendo sparire l’auto. Dopo averlo malmenato con il calcio della pistola in un parco di Saludecio e portato fino a Brescia, tenendolo rinchiuso in un nascondiglio per diverse ore, si sarebbero resi conto della sua buona fede, liberandolo davanti alla stazione dei treni. Tornato a casa, l’uomo ha poi raccontato la sua versione ai carabinieri, che nel frattempo lo avevano denunciato per essere evaso dai domiciliari. Sia il senegalese che la cittadina del Gambia hanno sempre respinto le accuse a loro carico: nel racconto del 51enne, affermano, ci sarebbero molti punti che non tornano. Affermano che è stato proprio l’uomo a inviare loro la sua posizione affinché potessero raggiungerlo. Inoltre non avrebbero mai utilizzato una pistola (mai ritrovata) né per colpirlo né per minacciarlo e sarebbero stati loro a dargli i soldi per tornare in treno da Brescia. Gli avvocati della difesa, Piergiorgio Campolongo (per Alioune) e Fabio Tulimiero (per Jariatou), sono riusciti a riqualificare il fatto nell’ipotesi più lieve e si dicono pronti a ricorrere in Appello.