
Oggi alle 20.15 Rimini basket affronterà Cantù in gara1 di finale. Biglietti sold-out ricordando la promozione della Koncret di 28 anni fa.
di Francesco ZuppiroliSull’asfalto di via Flaminia Conca, davanti al palasport, il termometro delle 12 segna 33 gradi. Fa caldo. Caldissimo. Ma non è il prepotente sole di giugno, re Mida di un inizio di stagione dorata, a incendiare l’atmosfera tutto attorno all’impianto, fuori dal quale il consueto cartellone rosso recita ’Ospiti: Cantù’; ’Ora: 20.15’; ’Arena: Flaminio’. Coordinate di un appuntamento con la Storia, quello che questa sera hanno i 3.118 spettatori che stiperanno parterre e spalti dell’arena sold-out. Una febbre biancorossa, alimentata dal mischiarsi delle ombre di un passato glorioso al garrire unisono dei cori del Barrio presente al Flaminio. Gara1 di finale promozione in serie A tra Rbr e Cantù ha il sapore di un viaggio tra i tempi della storia del basket. Come in una favola di Dickens, mentre alla vigilia della prima partita, il fantasma della promozione di 28 anni fa e la speranza di una nuova impresa si posano sull’intreccio generazionale germogliato dalla semplice domanda che un bambino vestito di bianco e di rosso rivolge al papà dopo aver preso uno degli ultimi biglietti disponibili: "Vinceremo domani?".
Domani è già oggi, per l’inizio della serie di finale playoff che regalerà al massimo cinque partite. Per l’ultima fatica di un campionato lunghissimo, in cui la Rinascita Basket ha ora l’opportunità di scrivere una pagina tanto agognata quanto unica. Si muove la città. Con le piazze e i giardini e la gente nei bar... Cantava Lucio Dalla, di una sera dei miracoli. Note oniriche per cullare un sogno. Il sogno per cui, alla Rimini del basket, di sere dei miracoli in verità ne serviranno almeno tre. Mentre la città intera si è già mossa. Dal popolo del Barrio a tutti i riminesi che hanno visto le gesta della Koncret di German Scarone, di Wylie, di Chandler, di Righetti. Tutti i riminesi che quel 18 maggio 1997 possono dire "io c’ero". E tutti quei riminesi che, dopo quattro anni alloggiati nell’Olimpo della serie A, nel 2001 assistettero anche al crollo della Vip di coach Ticchi e quindi ad una decennale militanza in Legadue tra alti e bassi prima della liquidazione e la Rinascita, nel 2018. Odissea di un popolo che anziché diventare diaspora ha sempre compattato la connessione squadra-città, come una marea di tanti Icaro, caduti e poi rialzati. Tanti riminesi che oggi grazie ai Robinson, ai Johnson, ai Marini, ai Grande, hanno ritrovato la giusta cera per rimontarsi le ali e tornare a volare.
Manca solo l’ultimo salto. Quello più difficile. Quello contro Cantù: che avvicinerà ancora di più Rbr al sole, spinta da una città intera. Dai tifosi di una vita, che questa sera si riuniranno al palasport Flaminio per essere, ora come allora, collante e benzina. Spinta propulsorea per allungare la mano verso la gloria. Come un grande Gatsby che insegue la luce verde oltre il pontile. Solo che, questa volta, Rimini quella luce sembra poterla davvero afferrare. E allora non resta che vedere. Che vivere la prima sera dei miracoli, per poter tornare con gli orologi a quel bambino che si rivolge al suo papà e rispondergli: "Sì, vinceremo noi".