Cade in moto al confine, San Marino non la soccorre

L'incidente a Monte Grimano, respinta ambulanza: "Non è una nostra cittadina". La ragazza portata a Urbino con un viaggio di oltre un’ora

Il dottor  Michele Nardella del 118 che ha soccorso la ragazzina ferita

Il dottor Michele Nardella del 118 che ha soccorso la ragazzina ferita

San Marino, 22 ottobre 2018 - Una ragazza di 17 anni due giorni fa, a mezzogiorno, rimane coinvolta in un incidente stradale a Montelicciano, frazione di Monte Grimano, provincia di Pesaro Urbino, al confine con la Repubblica di San Marino.

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La giovane cade da una moto, si fa male alle gambe, alle ginocchia, sente dolore in tutto il corpo. Si teme un politrauma.

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Qualcuno chiama il 118. Risponde la centrale operativa di Pesaro che invia un’ambulanza da Sassocorvaro. Sono 22 chilometri di strada di montagna. Per arrivare ci vogliono circa 20/25 minuti. Arrivata sul posto, il medico constata che la ragazza potrebbe avere una gamba fratturata, forse un’anca, complicazioni alle ginocchia ed eventuali problemi interni che al momento non si potevano prevedere. Va portata subito all’ospedale. Quello più vicino è a San Marino, distante 3 minuti e mezzo di strada dal punto dell’incidente.

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Il dottor Michele Nardella, del 118, chiede alla propria centrale operativa di contattare l’ospedale sanmarinese e avvertire se l’ambulanza può portare una ragazza con probabili politraumi. Racconta il dottor Michele Nardella: «La segreteria dell’ospedale di San Marino ha chiesto alla nostra centrale operativa se la ragazza fosse sanmarinese. Alla risposta che era italiana ci hanno immediatamente negato l’ingresso in ospedale della nostra ambulanza. Così – continua il medico – siamo stati costretti a portare la ragazza all’ospedale di Urbino, distante 25 chilometri di strada tortuosa impiegandoci quasi un’ora prima di arrivare, condannando la giovane a piangere per i sobbalzi che è stata costretta a subire dovendo percorrere strade tortuose e piene di buche. E’ un comportamento indegno – dice ora il dottor Nardella – siamo di fronte all’apartheid sanitaria e umanitaria da parte di uno Stato. Per le autorità di San Marino, un ferito italiano può anche morire al confine ma loro non vanno ad aiutarlo perché non è un loro cittadino. Allora se è grave lo portiamo a Rimini. E non è certo la prima volta che accade. A Montelicciano c’è una casa di riposo Serenity house, a 200 metri dal confine, e spesso anche in presenza di degenti gravi, in codice rosso, ci dicono di no, non accettano di aprire il loro ospedale nemmeno per infarti o per qualunque patologia gravissima. A meno che sia un cittadino di San Marino. Allora lo prendono subito. Questo è disumano».

«Fino a dieci anni fa – dice il dottor Nardella – gli accordi erano diversi perché San Marino accettava di prestare le prime cure a chiunque. Poi hanno chiuso le porte e prendono solo i loro concittadini. Ma questo non ha nulla a che fare con lo slogan che troneggia alle porte della Repubblica, ossia San Marino, la democrazia più antica del mondo. Un comportamento come questo, di rifiutare le cure immediate a persone anche in grave pericolo di vita, è tutto fuorché esempio di democrazia e umanità».