
Il recente arresto del presunto responsabile di una lunga serie di avvelenamenti di cani a San Marino ha riacceso l’attenzione...
Il recente arresto del presunto responsabile di una lunga serie di avvelenamenti di cani a San Marino ha riacceso l’attenzione su una vicenda che, secondo l’Apas (Associazione Protezione Animali San Marino), rappresenta una ferita ancora aperta per la comunità.
La presidente dell’Apas, Emanuela Stolfi, ricorda che i primi segnali risalgono ai primi anni 2000, con casi isolati di gatti feriti da armi ad aria compressa. Tuttavia, è nel 2011 che si registra una grave escalation: 40-50 avvelenamenti, almeno 30 mortali, in aree pubbliche molto frequentate, con l’uso di esche contenenti veleni altamente tossici. Negli anni successivi, gli episodi sono proseguiti, colpendo anche zone sensibili come sentieri scolastici e aree residenziali. Le esche seguono uno schema ricorrente: base alimentare con sostanze tossiche o materiali pericolosi come vetro e chiodi. I veleni, diversi nel tempo (erbicidi, antigelo, lumachicidi), continuano a essere oggetto di analisi anche per i casi più recenti.
Le famiglie colpite raramente ricevono supporto istituzionale. L’Apas ha fornito aiuto morale e, su richiesta, messo a disposizione il proprio legale per eventuali azioni civili. Per ora l’attenzione resta sulla prevenzione: oltre alla bonifica delle aree, si invita alla prudenza e a segnalare ogni sospetto alle autorità, evitando allarmismi sui social. Il problema ha superato i confini etici e legali, toccando l’immagine del Paese: alcuni turisti, leggendo notizie online, hanno rinunciato a visitare San Marino. "Non me la sento di dire che siamo fuori pericolo", conclude Stolfi, sottolineando che finché non ci sarà una chiusura definitiva della vicenda, permane un senso di incertezza e preoccupazione condiviso anche a livello comunitario.
Riccardo Bianchini