Rimini, stupra e picchia la moglie davanti al figlio

Un 36enne costringeva i familiari a vivere in mezzo agli insetti e senza riscaldamento: il pm chiede una condanna a dieci anni di reclusione

L’imputato è un 36enne di nazionalità marocchina

L’imputato è un 36enne di nazionalità marocchina

Rimini, 28 ottobre 2022 - Dieci anni di reclusione per aver violentato la moglie, anche alla presenza del figlio piccolo, e per averli costretti entrambi a vivere in un appartamento privo di riscaldamento ed infestato dagli insetti. Questa la pena richiesta dal pubblico ministero, Annadomenica Gallucci, al termine dell’udienza svoltasi ieri davanti ai giudici del collegio di Rimini in un complesso caso di maltrattamento in famiglia, lesioni e violenza sessuale. L’imputato, un 36enne di nazionalità marocchina, all’inizio dell’anno era stato arrestato dalla polizia di Stato su richiesta della Procura di Rimini per una serie di reiterati maltrattamenti nei confronti della giovane moglie, tenuta segregata in casa, picchiata anche quando era incinta e costretta quotidianamente a rapporti sessuali.

Il calvario, secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, era cominciato nel paese di origine della coppia, subito dopo il matrimonio. Nel 2019 la donna aveva raggiunto il marito, che nel frattempo aveva preso in affitto un appartamento a Rimini. Per lei era stato come passare dalla padella alla brace e nel giro di poco i maltrattamenti contro di lei erano diventati ancora più feroci e quasi all’ordine del giorno. In un’occasione l’uomo aveva tentato di buttarla giù dal balcone mentre aveva in bambino in braccio. Il marito era finito in carcere il 17 gennaio scorso, a conclusione di una veloce indagine della Questura di Rimini, partita proprio dalla denuncia della vittima che aveva trovato il coraggio chiamare le forze dell’ordine. Al loro arrivo sul posto, i poliziotti si erano trovati davanti una donna spaventata a morte e piena di lividi. Erano entrati nell’appartamento per dare un’occhiata, trovandolo completamente in disordine e in pessime condizioni igienico sanitarie, tra degrado, sporcizia e infestazioni di insetti.

Una volta collocata in una struttura protetta, la vittima aveva trovato il coraggio di denunciare i maltrattamenti iniziati subito dopo il matrimonio nel 2015 in Marocco. Stando al suo racconto, bastava il minimo pretesto per spingere l’uomo a scagliarsi contro di lei con una violenza inaudita. Era tormentato dall’idea che la moglie potesse tradirlo con qualcun altro, e per questo motivo si era spinto al punto di chiuderla a chiave dentro casa, impedendole di uscire o di vedere altre persone. Se lei si azzardava a dissobedire o anche solo a protestare, lui allora passava alle maniere forti, colpendola con calci e pugni e addirittura tirandole addosso delle sedie. Una volta sarebbe arrivato anche al punto di picchiarla con le scarpe antinfortunistica. Il tutto davanti agli occhi del figlio di pochi anni, che in alcuni casi sarebbe stato costretto ad assistere, suo malgrado, anche agli abusi sessuali commessi dal 36enne sulla povera moglie, obbligata a sottostare alle sue richieste per paura di altre botte.

Accuse e circostanze che la donna ha ribadito in udienza ai giudici riminesi lo scorso 29 settembre, durante l’esame della parte lesa. Già ascoltato anche l’imputato per cui l’udienza in cui è prevista la sentenza è stata fissata per il prossimo 10 novembre alle 9.30.

l. m.