Stupro Rimini, turista violentata da venditore di rose. Denunciato tre volte, era libero

Nuova aggressione, questa volta a una 26enne danese. Al bengalese fermato sarà revocato il permesso di soggiorno

I controlli dei carabinieri sulla spiaggia di Rimini (foto Migliorini)

I controlli dei carabinieri sulla spiaggia di Rimini (foto Migliorini)

Rimini, 30 agosto 2018 - L’ha adocchiata, seguita e poi l’ha violentata, sul lungomare di Rimini, mettendole le mani nelle parti intime. Ma la sua fuga in bici dopo l’aggressione sessuale è durata solo ventiquattro ore. È stato, infatti, catturato dai carabinieri della Compagnia di Rimini (al termine di un’indagine lampo, coordinata dal sostituto procuratore, Davide Ercolani) un venditore ambulante di rose, regolare sul nostro territorio, (anche se adesso la questura di Rimini sta facendo verifiche con i colleghi romani sulla sua posizione amministrativa) di origine bengalese di 36 anni, riconosciuto dalla sua stessa vittima, una turista danese di 26 anni. Un’altra donna aggredita sessualmente, stavolta sul lungomare di Rimini, a Marina centro, a ventiquattro ore di distanza dalle denuncia della 19enne tedesca che ha accusato di violenza di gruppo due allievi della scuola di polizia di Brescia, violenza che sarebbe avvenuta nell’ostello dove erano tutti alloggiati in vacanza.   Ma a indignare maggiormente l’opinione pubblica è il fatto che il cittadino bengalese, arrestato lunedì, avesse già precedenti specifici: ben tre denunce per violenza sessuale. La prima nel 1999 ai danni di una minorenne a Terracina (l’indagine non è sfociata in un processo), un’altra per violenza sessuale nel 2004 a Terni, derubricata in molestie e finita nel calderone dell’indulto del 2006 e una terza per violenza sessuale del 2006, trasformata in una condanna a un anno e sei mesi con pena sospesa per tentata violenza sessuale, sempre a Rimini. Era stato denunciato nel 2008 a Bellaria per resistenza. Proprio questi fatti hanno spinto l’amministrazione di Rimini, oltre a esprimere «la proprio totale solidarietà e la vicinanza alla vittima» a chiedere «perché mai un cittadino straniero che a proprio carico aveva più di un precedente riguardo violenze verso le donne non fosse in carcere e girasse invece libero e indisturbato».

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Adesso però il venditore ambulante di rose resta in carcere. Così ha deciso ieri mattina il gip, Lucio Ardigò, durante l’interrogatorio di convalida. Il bengalese ha negato ogni addebito, ma il giudice non gli ha creduto. A inchiodare l’uomo era stata la sua stessa vittima che l’aveva riconosciuto dopo la violenza. Anzi, è arrivata proprio oggi, nel tardo pomeriggio, la notizia che la questura di Roma ha attivato la procedura per revocargli il permesso di soggiorno. L'indirizzo romano al quale lo straniero è domiciliato risulta infatti falso e sono in corso accertamenti sul suo presunto datore di lavoro, un connazionale. La questura di Rimini procederà, poi, con la notifica dell'espulsione (arrivata, puntuale, il 31 agosto) che, una volta ultimato l'iter giudiziario, sarà seguita dal rimpatrio.

Le telecamere di sorveglianza hanno fatto il resto. La ragazza danese era in vacanza col fidanzato e insieme avevano trascorso la serata di domenica in un locale. Poi i due avevano litigato e si erano separati per tornare in hotel, a Marina centro. La giovane stava camminando su viale Regina Elena quando è stata avvicinata da un uomo in bici. Prima ha iniziato a farle avance, poi è diventato violento e l’ha aggredita mettendole le mani nelle parti intime. La ragazza, sotto choc, è riuscita a sfuggire al bengalese e a trovare rifugio in un bar dove ha chiesto aiuto. Da lì è partita la chiamata ai carabinieri che, coordinati dal sostituto procuratore Ercolani, hanno dato il là alle indagini.   La ragazza, assistita da interprete e psicologa, ha raccontato l’incubo fornendo anche una descrizione minuziosa del suo aggressore. Un personaggio conosciuto nella zona per aver più volte fatto avance ad altre donne. E nel giro di 24 ore i carabinieri gli sono piombati addosso. L’uomo indossava ancora gli stessi abiti dell’aggressione descritti con dovizia di particolari dalla vittima.