Subito a casa dopo l’intervento

L’Unità diretta dal dottor Garulli prima in Italia per la degenza postoperatoria dei tumori al colon

Subito a casa dopo l’intervento

Subito a casa dopo l’intervento

Ottimizzare la presa in carico del paziente e i processi collegati per abbattere i tempi di degenza e favorire il pieno recupero. Questo l’obiettivo che da cinque anni a questa parte vede impegnato il reparto di Chirurgia generale dell’ospedale Infermi di Rimini. Un’indagine svolta da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) ha messo l’Unità operativa riminese al primo posto in Italia per media nazionale di degenza postoperatoria per tumori del colon in laparoscopia. "Un importante risultato - ha commentato il sindaco Jamil Sadegholvaad in un posto apparso ieri su Facebook per commentare la notizia - che ci rende orgogliosi e che dimostra come il nostro ospedale possa vantare specializzazioni di eccellenza, frutto dell’impegno e del lavoro di squadra di grandi professionisti".

Per il direttore dell’Unità operativa, Gianluca Garulli, il traguardo raggiunto "è frutto dell’adozione e il consolidamento di una metodologia di intervento trasversale e sinergica, basata su modelli e protocolli internazionali che hanno permesso all’ospedale Infermi di portare la durata media della degenza postoperatoria a soli tre giorni a fronte di una media nazionale di sette". Alla base di tutto, continua il primario Garulli, "c’è un grandissimo lavoro di squadra e la piena cooperazione delle diverse unità operative e di tutto il personale, medico e infermieristico, capace di superare alcune difficoltà organizzative e comunicative andando ad operare in una stessa direzione. In questo modo è stato possibile ottimizzare la fase preparatoria, mettendo in campo tutte quelle azioni che permettono al paziente di affrontare lo stress della chirurgia e dell’anestesia in maniera più agevole e meno traumatica, velocizzando i tempi di ripresa. Uno sforzo a 360 gradi che coinvolge diverse figure: fisioterapisti, anestesisti, geriatri, ematologi, oncologi, nutrizionisti gastroenterologi e personale infermieristico".

Altro fattore chiave, sempre secondo Garulli, è legato alla componente psicologica: "Lo stesso paziente esercita una funzione non soltanto passiva, ma collabora attivamente con i professionisti che lo hanno preso in carico. Il protocollo prevede infatti che il degente sia messo al corrente in maniera dettaglia del percorso di cura e guarigione che sarà chiamato ad affrontare nei trenta giorni successivi, abbattendo di fatto una barriera che avrebbe potuto ostacolare il processo". Insomma, un mix di fattori che hanno portato al traguardo raggiunto dal reparto riminese.

Il modello-Rimini, secondo quanto dice il primario Gianluca Garulli, potrebbe essere esportabile anche altrove. "In accordo con il direttore sanitario di Ausl Romagna, Mattia Altini, ci siamo attivati già due anni fa per trasmettere questa metodologia di lavoro anche ad altre chirurgie della Romagna. Inoltre stiamo anche lavorando alla creazione di collaborazioni con Regioni come Marche e Toscana".