Rimini, pizzaiolo rischia processo per tentato omicidio

Due anni fa un giovane collega era finito in coma dopo aver ingerito metadone, pensando fosse liquore: secondo gli inquirenti non è stato un incidente

Era stata la fidanzata del cuoco a chiamare i sanitari del 118 (foto di repertorio)

Era stata la fidanzata del cuoco a chiamare i sanitari del 118 (foto di repertorio)

Rimini, 7 maggio 2022 - Rischia il processo il pizzaiolo 44enne accusato di aver tentato di avvelenare un ex collega di lavoro, un cuoco di 30 anni, con un bicchiere pieno di metadone.

Il giudice per le indagini preliminari Manuel Bianchi ha disposto nei giorni scorsi l’imputazione coatta nei confronti dell’indagato. Il legale del cuoco, l’avvocato Stefano Caroli, si è opposto alla richiesta di archiviazione che era stata avanzata dalla Procura di Rimini, rimandando tutto alla Camera di consiglio. Sarà adesso il pubblico ministero a dover riformulare l’imputazione, sulla base anche di ulteriori accertamenti che sono stati disposti dalla magistratura.

La vicenda risale al maggio del 2020. Per nove giorni il cuoco (all’epoca 28enne) era rimasto in coma, lottando tra la vita e la morte, dopo aver ingerito – scambiandola per sambuca - una dose potenzialmente letale di metadone, un oppioide usato per ridurre la dipendenza dagli stupefacenti. Vittima e indagato all’epoca dei fatti lavoravano nella cucina dello stesso ristorante, a Riccione.

Tra i due già da un po’ di tempo non correva buon sangue: il cuoco, infatti, si era sistemato per un certo periodo nell’appartamento del fratellastro del pizzaiolo. Quest’ultimo, tuttavia, non riusciva a digerire la presenza di quel nuovo inquilino, e più di una volta – stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti – gli aveva chiesto di andarsene, arrivando minacciarlo. L’occasione di regolare i conti si sarebbe presentata una sera di maggio.

E’ stato il cuoco a raccontare, nella denuncia resa ai carabinieri una volta dimesso dall’ospedale, la sua versione dei fatti. Il collega, sostiene, gli avrebbe proposto di andare in cucina per fare un brindisi con un bicchiere di sambuca. Sul tavolo, in quel momento, c’era una bottiglia di colore marrone con una rimanenza di liquido e un bicchiere. Il pizzaiolo – questa è la tesi degli investigatori - avrebbe versato il contenuto della bottiglia nel bicchiere, passandolo poi al collega, che ha tracannato tutto d’un fiato. I sintomi hanno iniziato a manifestarsi nel giro di poco. Pochi minuti dopo il cuoco era piegato sul tavolo della cucina, preda di dolori lancinanti. E’ stata la sua fidanzata, spaventata a morte, a chiamare l’ambulanza. Lo portano in pronto soccorso, dove i medici accertano un edema polmonare acuto causato da un dosaggio eccessivo di metadone.

Per nove giorni il trentenne è rimasto ricoverato presso l’ospedale ‘Infermi’, appeso a un filo sottilissimo. Ma appena si è ripreso, è andato dai carabinieri, puntando subito il dito sul pizzaiolo. Sapeva, infatti, che il collega teneva a casa delle scorte di metadone per via del suo passato da tossicodipendente. Il 44enne tuttavia ha sempre negato ogni addebito.