"Truffavo per salvare la Rimini Yacht"

Giulio Lolli sentito a Rimini in videoconferenza dal carcere di massima sicurezza di Rossano Calabro dove è rinchiuso

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‘Vedere’ Giulio Lolli in tribunale a Rimini è stato un evento. Nessuno lo avrebbe mai nemmeno immaginato, ma dopo la sua espulsione dalla Libia, ora è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Rossano Calabro, ormai a portata di mano. La Dda di Roma lo accusa infatti anche di terrorismo, e si trova in isolamente in una cella in mezzo a gente sospettata di legami con l’Isis. Poco salutare per lui che, dice, in Libia l’Isis l’ha combattuto. Non ha rinunciato però a comparire in videoconferenza al processo che lo vede protagonista a Rimini, nel suo secondo faccia a faccia con il sostituto procuratore, Davide Ercolani, il magistrato che per anni gli ha dato la caccia, riuscendo alla fine a mettergli il sale sulla coda. Con Ercolani, Lolli, difeso dall’avvocato Antonio Petroncini. ci ha già parlaro quasi sei ore, qualche tempo dopo il suo arrivo in Italia. E ieri non ha cambiato versione.

Era tranquillo, il Pirata. Vestito a giacca e l’aria serena di chi ha consegnato le armi, ha parlato da dietro una scrivania. Nessun problema ad ammettere di avere commesso quella sfilza di truffe messe in piedi con i suoi lussuosissimi Yacht. Gli episodi contestati sono quasi un centinaio, ma il reato più grave è quello dell’associazione a delinquere. Qui Lolli non ci sta, e ribadisce con forza che ha fatto tutto da solo. Gli altri? Solo prestanome, come il sammarinese (che ha già patteggiato) che sul Titano aveva una società che gli forniva le doppie intestazioni per le imbarcazioni. Non aveva ‘soci’, solo persone che gli davano una mano, la maggior parte delle quali non sapeva nemmeno cosa stava combinando.

Lolli, non più comandante Karim, non si è mai pentito del castello di carte false che aveva messo in piedi. L’ha fatto, giura, per salvare quella società che era diventata una potenza della nautica, ma che lui voleva far salire ancora più in alto. Lo scopo, dice, era farla crescere e poi sanare quei buchi che era stato costretto a fare. Risistemare quelli yacht venduti due volte, tornare a essere il ‘re’. Se non fosse stato così, ha sottolineato ieri, non avrebbe pagatpo mezzo milione di tasse all’anno. La prova che non aveva progettato quella rocambolesca fuga per mare, e tutto quello che ne è seguito, facendo di lui una leggenda. Sfatata adesso che compare al di là dal video. Sostiene di essere scappato a tasche vuote, e nessuno è riuscito ancora a provare il contrario. Il processo è stato rinviato al 23 settembre, giorno della sentenza.

Alessandra Nanni