Uccise la moglie a martellate Confermata la condanna a 23 anni

La Corte d’Appello di Bologna non ha mutato la sentenza in primo grado per Giovanni Laguardia. L’ex idraulico 72enne è accusato dell’omicidio di Vira Mudra. Rigettata anche la richiesta di nuova perizia.

I giudici della Corte d’Appello di Bologna hanno confermato la condanna a 23 anni di carcere a carico di Giovanni Laguardia, 72 anni, ex idraulico in pensione, accusato dell’omicidio della moglie Vira Mudra, 61 anni, di origine ucraine. Un delitto consumato il 26 ottobre del 2020 in un appartamento di via Pola, a Rimini, dove la coppia abitava da tempo. La Corte d’Appello, nel confermare la sentenza già inflitta a Laguardia in primo grado, non ha accolto la richiesta di sottoporre l’uomo ad una nuova perizia psichiatrica, presentata dagli avvocati della difesa, Andrea Mandolesi e Linda Andreani.

I legali attendono ora di conoscere le motivazioni della sentenza prima di valutare la possibilità di ricorrere in Cassazione. I figli della vittima, Alona e Aleksandr, si erano costituiti parte civile insieme alla nipote, assistiti dall’avvocato Cristiano Basile. Durante il processo di primo grado, come indicato anche dal pm Luigi Sgambati (che per Laguardia aveva chiesto 24 anni) era venuta a decadere l’ipotesi della premeditazione, che in un primo momento era stata imputata al 71enne, insieme alle aggravanti della convivenza e dell’aver agito di notte, mentre la donna dormiva. La decisione di ammazzare la compagna, secondo gli inquirenti e secondo gli avvocati della difesa, non era stata pianificata ma sarebbe maturata a seguito di alcuni violenti litigi. Mudra, stando alla ricostruzione, aveva infatti scoperto un presunto tradimento del marito, e sarebbe stata sul punto di chiedere la separazione. Non un delitto d’impeto, dunque, ma nemmeno qualcosa di premeditato da tempo. All’ex idraulico – che durante il primo processo aveva ribadito la sua versione dei fatti, ovvero di aver preso a martellate in testa Vira perché esasperato dalle sue continue richieste di denaro – erano state riconosciute anche le attenuanti generiche. I giudici avevano infatti tenuto conto del comportamento dell’imputato, reo confesso dell’omicidio. Era stato proprio lui a chiamare i poliziotti e ad autodenunciarsi, dopo aver commesso il delitto. Prima ancora, però, aveva telefonato alla cugina della moglie, raccontandole tutto.

La condanna di primo grado era stata giudicata dai familiari di Mudra "troppo lieve, se rapportata alla gravità dei fatti".

l.m.