Un 'campus' sempre più internazionale: uno studente su dieci parla straniero

Sono oltre 600 gli stranieri all'università di Rimini: i cinesi i più numerosi

Due dei tanti studenti cinesi che frequentano l'università di Rimini

Due dei tanti studenti cinesi che frequentano l'università di Rimini

Rimini - E' un campus piccolo, quello di Rimini. Ma non sono molte le università in Italia che possono vantare tanti studenti stranieri come quella riminese. Nell'ultimo anno accademico (quelli del nuovo non sono ancora disponibili) gli stranieri hanno raggiunto quota 609, pari al 12% del totale degli iscritti all'università riminese. Nell'arco di un solo anno sono cresciuti di un punto percentuale, con un aumento di 60 iscritti, a cui vanno aggiunti anche i 115 della vicina Repubblica di San Marino. In testa però ci sono gli studenti dalla Cina: sono 128. Ma a Rimini sono presenti in questo momento studenti provenienti da oltre 70 nazioni diverse. E sbaglia chi pensa che si tratti di giovani di origine straniera già residenti nel Riminese e dintorni. "La maggioranza di questi ragazzi - conferma Sergio Brasini, coordinatore della sede universitaria - viene appositamente a Rimini dal paese di origine per studiare". L'alta affluenza di studenti stranieri è dovuta anche ai tanti corsi in lingua inglese: sono 6 sui 19 totali proposti a Rimini. "Un respiro internazionale - commenta il Comune di Rimini – che ci convince ancora di più dell'impegno a sostegno del polo universitario, che gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo economico dei territori e nel consolidamento e nel progresso dell'intera comunità. Una presenza che richiama studenti da tutto il mondo, a conferma della credibilità e del prestigio internazionale crescente il polo riminese riscontra anche all'estero". Per l'amministrazione è merito anche "di quanto fatto finora dal sistema pubblico e privato riminese e da UniRimini (la società pubblico-privata a sostegno dell'università), ma anche un invito e uno stimolo a continuare sulla strada degli investimenti e della partecipazione attiva, senza i quali anche i risultati già ottenuti sarebbero rimessi in discussione”.

Manuel Spadazzi