MANUEL SPADAZZI
Cronaca

Una folla in preghiera. Il vescovo: "Francesco ci ha insegnato ad amare e a lottare per gli ultimi"

Duomo gremito nel suo ricordo: "Ha dato alla Chiesa un volto accogliente. Cresciuto tra i poveri, voleva venire a Rimini per celebrare don Oreste". .

Duomo gremito nel suo ricordo: "Ha dato alla Chiesa un volto accogliente. Cresciuto tra i poveri, voleva venire a Rimini per celebrare don Oreste". .

Duomo gremito nel suo ricordo: "Ha dato alla Chiesa un volto accogliente. Cresciuto tra i poveri, voleva venire a Rimini per celebrare don Oreste". .

Quando ieri mattina sono risuonati i primi rintocchi delle campane a lutto, tantissimi riminesi si erano già riversati in chiesa a pregare per lui. E ieri sera il Duomo si è riempito per il rosario e e la messa per la scomparsa di Papa Francesco. "La notizia della sua morte è arrivata come un lampo", ammette il vescovo Nicolò Anselmi, prima in un videomessaggio e poi dall’altare della cattedrale, dove ha celebrato messa insieme al vescovo emerito Francesco Lambiasi e a tanti sacerdoti della Diocesi. In Duomo ieri sera anche Jamil Sadegholvaad, sindaci e assessori di altri comuni del Riminese, il deputato Andrea Gnassi e numerosi rappresentanti di istituzioni e forze dell’ordine. Non poteva essere altrimenti. Insieme a loro, tanta gente comune che ha voluto esserci e pregare per Papa Francesco.

"La notizia ci sgomenta e ci fa soffrire, come se fosse salito in cielo un membro della nostra famiglia. Perché, in questi 12 anni, Papa Francesco ci ha permesso di entrare nella sua vita, nel suo modo di essere e agire, nei suoi pensieri. Era uno di famiglia", dice Anselmi. Che è diventato vescovo proprio con Papa Francesco. "Lui mi ha scelto come vescovo. Ho avuto possibilità di incontrarlo tante volte e di ringraziarlo. Lo avevamo invitato a Rimini per festeggiare don Oreste che lui conosceva molto bene e mi aveva detto: vengo, vengo a Rimini". Ecco: il Papa si sentiva legato a Rimini, anche se alla fine qui non è mai venuto, e quel legame era intrecciato al ricordo di don Oreste, con cui condiveva l’amore per gli ultimi, i poveri, gli emarginati. Il mondo da cui veniva Papa Francesco, quello delle favelas, dell’estrema povertà, non era in fondo tanto diverso dal mondo contro cui aveva lottato per una vita don Oreste. "Ci voleva proprio un Papa che venisse dall’altro emisfero – continua Anselmi – Quest’uomo, a differenza di noi occidentali, ha vissuto la drammaticità della disuguaglianza nella città di Buenos Aires di cui è stato vescovo: baraccopoli e grattacieli. Lui ci era nato. La sua passione per i migranti e i poveri ci ha contagiato come nessun altro, perché ci ha vissuto".

Per questo, prosegue Ansemi, "accanto al dolore per la morte di Papa Francesco, noi dobbiamo ringraziare per averlo avuto con noi". E poi c’è un altro motivo "di gratitudine. Lui ha visto la deforestazione dell’Amazzonia, le conseguenze che ha sui fragili un approccio dissennato alla natura. E lo vediamo anche noi con le alluvioni. La sua sensibilità su questi temi ci ha contagiato. Lui le ha viste queste cose: i popoli che emigrano perché la terra diventa deserta". E "questo stile di grande umanità ci ha colpito. Ha a che fare con il principio dell’incarnazione. Il desiderio di andare incontro a tutti, come Dio incarnandosi è andato incontro a tutti". E "grazie alla sua formazione gesuitica, Papa Francesco ci ha ridato passione per il discernimento per il valore della coscienza della profondità, della formazione interiore. Francesco ce lo ha trasmesso". Un Pontefice "coraggioso" che "ha tolto alla Chiesa il volto giudicante, per ridare vigore a una Chiesa accogliente che mette al centro la persona e la coscienza".