
I parenti di Giuseppe Tucci, il pompiere ucciso a pugni dopo una lite, impugnano in appello la sentenza di condanna a 12 anni per il buttafuori "È stato un omicidio volontario: le accuse mitigate ci fanno male".
"La giustizia ci ha delusi, delusi profondamente. Quella sentenza per noi è stata una pugnalata al cuore. Da quel giorno non ci siamo più ripresi. Però, insieme al nostro avvocato, vogliamo portare avanti questa battaglia, vogliamo che sia fatta giustizia per nostro figlio". Il dolore è grande, smisurato, impossibile da sopportare. Ma la voglia di combattere non se n’è mai andata e si è riaccesa, più forte di prima, in Claudio Tucci. Due anni sono trascorsi dalla morte del figlio, il vigile del fuoco Giuseppe, 34 anni, ucciso a pugni dopo una lite avvenuta fuori dalla discoteca Frontemare di Rimini l’11 giugno 2023. Lo scorso ottobre, il suo aggressore, Klajdi Mjeshtri, buttafuori albanese del locale, era stato condannato dal gup di Rimini a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Una sentenza che però non è andata già ai familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Marco Ditroia. I parenti di Tucci, congiuntamente alla Procura (pm Davide Ercolani), hanno deciso di impugnare la decisione di primo grado. La prima udienza davanti ai giudici della Corte d’Appello di Bologna si svolgerà il 22 settembre prossimo. Mjeshtri, difeso dagli avvocati Massimiliano Orrù e Alessandro Cristofori, ha invece rinunciato al ricorso in Appello. "Siamo convinti che ci fossero i presupposti affinché l’uccisione di nostro figlio venisse catalogata come omicidio volontario – spiega Claudio Tucci -. La perizia della dottoressa Donatella Fedeli ha dato indicazioni molto precise in tal senso. La sentenza di primo grado ci ha lasciato stupiti e pieni di amarezza. Per questo motivo abbiamo deciso di non arrenderci e di proseguire la nostra battaglia per la giustizia".
La sentenza a carico del buttafuori, al termine del processo con il rito abbreviato, risale allo scorso ottobre. Riqualificata, come chiesto dalla difesa, l’accusa a suo carico: da omicidio volontario aggravato a omicidio preterinziale aggravato dalla minorata difesa. Applicata quindi la pena massima con la riduzione di un terzo per il rito abbreviato (da 16 a 12 anni). Un ruolo decisivo, ai fini del processo, lo hanno avuto le perizie relative all’autopsia sul corpo. La dottoressa Loredana Buscemi – incaricata dal giudice – aveva concluso che Tucci quella sera era stato raggiunto da almeno nove colpi, i quali hanno provocato la rottura dell’arteria vertebrale sinistra. Il perito del giudice aveva concluso come nella morte del 34enne non fosse stata determinante né la caduta a terra né l’alcol. Conclusione, questa, che ha trovato riscontro nella relazione di Guido Pelletti, consulente della Procura, ma opinioni contrarie da parte del professor Mauro Pesaresi, peritodella difesa. Il padre del vigile del fuoco, Claudio Tucci, si era costituito parte civile nel processo: a lui il giudice ha riconosciuto un risarcimento di 400mila euro. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, il gup Vinicio Cantarini si è soffermato in particolar modo sulle testimonianze fornite da altri due addetti alla sicurezza del locale e da un amico di Mjeshtri. I tre, secondo il giudice, avrebbe reso "versioni non esattamente sovrapponibili ed, in parte, contrastanti tra loro".
Lorenzo Muccioli