«Nonna Rachele sgridava il Duce»: i ricordi di Edda, nipote di Mussolini

Intervista alla figlia di Anna Maria, ultimogenita di Benito: "La tradiva, ma tornava sempre a casa"

Edda Negri con nonna Rachele Mussolini a Villa Carpena

Edda Negri con nonna Rachele Mussolini a Villa Carpena

Riccione (Rimini), 14 agosto 2015 - L’APPUNTAMENTO è sul lungomare dove dondola lento il pomeriggio d’agosto tra pedalate in relax, pelli abbronzate e ragazze in pareo in attesa della movida serale. «Ecco vede quella è villa Mussolini, qui la mia famiglia prima della guerra veniva a trascorrere le vacanze....». Sorriso aperto e una gran voglia di parlare. Sorseggia un tè freddo Edda Negri Mussolini, nipote del Duce e figlia della sua ultimogenita Anna Maria e di Nando Pucci Negri, presentatore televisivo. E via ai ricordi su nonna Rachele, moglie di Benito, quasi una seconda mamma. Quella vera morì che lei aveva 4 anni.

Da quel momento visse con lei?

«In buona parte sì. Quando il 25 aprile 1968 morì mia madre cominciai a trascorrere molto tempo a Villa Carpena di Forlì. Mia sorella stette di più con la nonna paterna».

Perché ha deciso di scrivere un libro su Rachele?

«È successo quasi per caso, anche se conservavo già tanti appunti e ricordi. Lo decisi dopo aver conosciuto per una intervista Emma Moriconi, la giornalista che ha scritto il libro con me. È un libro di intimità, non c’entrano né la storia né la politica. È un omaggio alla mia famiglia».

Quando cominciò a conoscere la saga dei Mussolini?

«Man mano che crescevo io chiedevo, ero molto curiosa, sul nonno, sugli zii, sulla vita di Rachele. All’inizio lei era restia, poi negli anni mi svelò anche le cose più personali fino a quando morì nel 1979».

Che cosa le ha lasciato?

«Mi ha trasferito grandi valori e mi ha fatto comprendere che la storia va vista in maniera obiettiva, raccontandomi aspetti riguardo alla mia famiglia che gli altri non ti insegnano».

Dicono che Rachele ha sempre subito la personalità del marito.

«Era una donna dal carattere forte e per nulla remissiva. E influenzò molte decisioni del Duce. Per l’epoca prese decisioni da femminista».

Tipo?

«Andò, lei minorenne, a convivere con il nonno quando lui non era né arte né parte, ma solo un socialista burrascoso e senza una lira. Partorì Edda e non era sposata, il nonno poté riconoscerla e lei no».

Le amanti del Duce?

«La nonna ha difeso suo marito da tutte le altre. Ci teneva a sottolinearlo. E mi diceva: la signora Mussolini sono sempre stata io. Tuo nonno alla fine tornava a casa ogni sera».

Seppe di tutti i tradimenti?

«Sì. Ma di una donna non mi ha mai parlato, Angela Cucciati, moglie di un fascista della prima ora. Da lei il nonno, si dice, ebbe una figlia, Elena Curti, tutt’ora vivente».

Margherita Sarfatti, scriveva anche sul “Popolo” diretto da Mussolini.

«Sì, ma ad un certo punto la nonna si impuntò e diede l’ultimatum. Ho trovato anche un telegramma: Se questa scrive ancora faccio un casino. Sparì dal “Popolo”».

Ida Dalser.

«La nonna sapeva. Era una donna disturbata e andava in giro per l’Italia a dire sono la moglie del Duce. Una volta incendiò un hotel. Ebbe un figlio e il nonno lo riconobbe, ma anche lui soffriva di problemi mentali. La nonna mi raccontò che una volta si picchiarono mentre lui era ricoverato in ospedale. L’altra ebbe la peggio».

Claretta Petacci.

«Rachele ha sempre detto di aver appreso tutto solo al momento dell’arresto del marito durante la Repubblica di Salò. In realtà non si è mai capito se sia andata così o se abbia sempre fatto finta di nulla. Mi raccontava che una volta la affrontò a Gargnano e la fece cacciare dalla villa in cui era ospitata. E diede l’ultimatum: o lei o me. Lui non abbandonò la famiglia anche se poi morì con la Petacci. Fu l’unica volta in cui Rachele stette veramente male, ne uscì debilitata».

Questa fu però la storia più impegnativa.

«Infatti la nonna regolò i conti con Claretta, già mal tollerata dall’entourage dei vertici, non solo per gelosia ma anche per questioni politiche. La sua influenza sul Duce era pericolosa».

Che donna era Rachele?

«Rimase per tutta la vita una contadina romagnola che apprezzava la vita semplice, di campagna. Era coerente, amava soprattutto la famiglia. Il resto non le interessava».

Non fu mai tentata dal ruolo di first lady?

«A un certo punto il re voleva insignire il Duce del titolo di principe. Lei si mise a ridere. Chiese al nonno: ma tu mi vedi nel ruolo di principessa? Non se ne parla».

Influenzava le decisioni di Mussolini?

«Lui la ascoltava. Una voltà a Forlì ricevettero un ministro che voleva dimezzare le quote di grano destinato alla popolazione. Il Duce guardò Rachele e le domandò: tu cosa ne pensi? Lei rivolta la ministro: “Signore è venuto con il cuoco e i biscotti però i contadini prima di mangiare baciano il pane e i bambini ne hanno bisogno”. Sa come finì? Nelle mie ricerche ho trovato il telegramma del Duce che ordina di aumentare le quote di grano».

Rachele come era con i figli?

«Una mamma come le altre. Ho trovato un documento che fu spedito al collegio di Poggio a Caiano dove fu mandata a studiare Edda in cui i Mussolini chiedono che la ragazza sia trattata come tutte le altre, senza privilegi».

Il difetto peggiore?

«Diceva le cose senza pensare alle conseguenze. Una sera il Duce rincasò a Villa Torlonia con un uomo politico, un ospite di riguardo. Dovevano cenare. La moglie piantò le mani sui fianchi spazientita: caro Duce siete arrivati tardi e in questa casa si mangia presto, la cucina è chiusa. Buonanotte».

Nel libro si parla anche delle diffidenze verso certi gerarchi?

«Si arrabbiava perché la famiglia usava la tessera come tutti i cittadini per gli alimenti e a lui diceva: stai attento ci sono generali e gerarchi che rubano e si arricchiscono. A guerra finita i Mussolini non erano ricchi a differenza di altri».

Poi arrivò il dramma, anche familiare, del 25 luglio. È vero che Rachele fiutò cosa stava accadendo?

«Era una indagatrice. Aveva capito cosa tramava Galeazzo Ciano, suo genero, ma non voleva crederci. Poi è andata come sappiamo».

Non fece nulla per salvare Ciano dalla fucilazione?

«Lo scontro vero, come è documentato, fu tra Edda e il nonno. Rachele era sfinita e inerme, divisa fra marito e figlia. Col dolore nel cuore tenne la parte di lui».

Come vissero da marito e moglie gli ultimi giorni di Salò?

«La nonna appena fu liberato dai tedeschi insistette: molla tutto, torniamo in Romagna, chi te lo fa fare di continuare. Lui era all’angolo e lo sapeva. Rispose: non posso, devo andare avanti per l’Italia altrimenti i tedeschi invadono il Paese e sarà una catastrofe».

Le ha mai parlato della restituzione del corpo di Benito?

«Chiese che le fosse aperta la cassa. Volle vedere come avevano ridotto il nonno».

È possibile oggi una rilettura storica del Ventennio senza preclusioni ideologiche?

«Sono stati fatti passi in avanti ma è ancora difficile, l’Italia è un Paese di forti contrapposizioni anche se fascismo e comunismo non esistono più. Io ho fatto il sindaco a Gemmano e ho sempre avuto un buon rapporto con la sinistra».

Apprezza Renzi?

«Sì e no. Interpreta una politica lontana dalla gente ma ha coraggio. Sa che faceva Rachele? Andava in bus, ascoltava i discorsi della gente e li riferiva al Duce».

Salvini?

«È vicino ai cittadini, ma parla solo con la pancia. Poi però devi anche dare risposte».

 

Il libro di memorie in uscita a ottobre (FOTO)

“MIA nonna Donna Rachele, la moglie di Benito Mussolini” (Edizioni Minerva), è il titolo del libro scritto da Edda Negri Mussolini ed Emma Moriconi (giornalista), in uscita a ottobre. Edda è la figlia dell’ultimogenita del Duce, Anna Maria, e di Nando Pucci Negri. Da questo volume esce uno spaccato della dimensione umana della famiglia del Duce ed esce il rapporto confidenziale che si instaurò fra nonna e nipote. Edda Negri, conduttrice televisiva, ha preso parte a diversi programmi in Rai fra cui “I Fatti Vostri”.