Caro gasolio Rimini, un pescatore su due è pronto a fermarsi

L’allarme della coop ’Lavoratori del mare’: "Molti andranno avanti fino a fine anno, poi potrebbero dire basta se i costi non caleranno"

Un peschereccio (foto di repertorio)

Un peschereccio (foto di repertorio)

Rimini, 7 ottobre 2022 - C’è preoccupazione. Tanta. Il futuro è un’incognita e molti pescatori si sono dati fine anno come orizzonte. Poi prenderanno una decisione. E daranno una risposta alla domanda che qualsiasi lavoratore non vorrebbe mai farsi: andare avanti oppure no? Il problema è sempre lo stesso. Quello dei rincari che erodono i margini a tal punto da far diventare sempre più striminziti – addirittura azzerare – i guadagni. "Se la situazione resta questa – avverte Massimo Pesaresi, direttore della cooperativa Lavoratori del mare – a gennaio la metà delle imbarcazioni potrebbe restare a terra". È l’ipotesi peggiore. Vorrebbe dire stop per una quarantina di pescherecci – nel Riminese sono un’ottantina – e un settore a cui fanno riferimento circa 400 famiglie (considerando l’intero indotto) in seria difficoltà.

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Nello specifico i problemi derivano dal caro-gasolio. "Il costo – osserva Pesaresi – è triplicato nel giro di qualche mese. Le imbarcazioni più grandi arrivano a spendere anche 1.500 euro al giorno soltanto per il carburante. Poi ci sono gli stipendi dei marinai e spese varie. Parliamo di cifre non sostenibili, per questo c’è molta preoccupazione".

Già nei mesi scorsi era arrivato un sos al governo.

"Tanti pescatori riminesi metteranno le barche in disarmo se non ci saranno soluzioni" l’allarme che la stessa cooperativa aveva lanciato prima dell’estate. Molti si sono fermati, poi sono ripartiti. Ora la situazione di fatto non è cambiata. "Il credito d’imposta è certamente utile, ma da solo non basta. Il problema è la liquidità, anche perché la vendita del pesce non copre i costi. Il gasolio è arrivato a 1,20 euro al litro, costava 40 centesimi". Per risparmiare sulle spese, alcuni pescherecci limitano gli spostamenti.

«Ma c’è grande difficoltà ad andare avanti – continua Pesaresi – e a gennaio c’è chi potrebbe dire basta. Chiediamo al governo un sostegno concreto. Il settore vive un momento complicato, addirittura qualcuno potrebbe pensare alla demolizione dell’imbarcazione quando uscirà il bando". Il caro energia pesa eccome anche sulla gestione del mercato ittico, anche perché "gli effetti del caro energia non possono essere riversati su chi compra e chi vende. Le bollette sono più che raddoppiate. A pagarne le conseguenze sono soprattutto i nostri soci, ai quali viene chiesto uno sforzo notevole".

Nei giorni scorsi Legacoop ha diffuso i dati di un’indagine effettuata tra gli associati: il dato più preoccupante riguarda il 9% di aziende che prevede di spegnere gli impianti o di ricorrere agli ammortizzatori sociali (7%) se i costi energetici rimarranno invariati e non ci saranno interventi forti di carattere pubblico. Tra i settori più in fibrillazione c’è proprio quello della pesca, che ha vissuto un 2022 molto difficile a causa del caro energia. "Occorre un’azione choc come già avvenuto per la pandemia, da concordare a livello europeo" l’analisi del presidente Mario Mazzotti. Dai lavoratori del mare ora arriva l’ennesimo sos.