Pastificio Canuti, dal rischio fallimento al fatturato record

E ora lo chef stellato ai fornelli

Andrea Toffano con il suo staff di produzione (foto Petrangeli)

Andrea Toffano con il suo staff di produzione (foto Petrangeli)

Rimini, 10 settembre 2019 - Sette anni fa la Canuti era sull’orlo del baratro. Per lo storico pastificio riminese, fondato negli anni ’50 dalla famiglia Canuti, lo spettro del fallimento e la fine di un’impresa che aveva un nome (e un peso) nell’industria alimentare italiana. Poi è arrivato il salvataggio dell’azienda, a opera di Denis Cecchetti, e dalla fine del 2013 al timone della società c’è la famiglia Toffano, che ha acquistato definitivamente il pastificio riminese (dopo un paio d’anni in affitto d’azienda) nel 2015. In pochi anni la Canuti si è messa alle spalle i momenti più bui, e ora è diventata un fiore all’occhiello. «Esportiamo i nostri prodotti in 33 paesi – rivela il giovane Andrea Toffano, trent’anni, alla guida dell’azienda di famiglia – Negli ultimi due anni il fatturato è cresciuto in maniera importante: siamo passati dai 7,5 milioni di euro di fine 2017 ai quasi 10 milioni con cui chiuderemo l’anno in corso».

Un miracolo per una realtà come Canuti, che sette anni fa era destinata a scomparire...

«Ci sono voluti tanti impegno e risorse economiche, ma quello che abbiamo portato noi in azienda è stato soprattutto il nuovo approccio alle sfide del mercato. Anche se la nostra resta una piccola realtà, grazie agli investimenti e alla partecipazione a tante fiere siamo riusciti a farci conoscere all’estero».

Quanto ha inciso l’export sul rilancio dell’azienda?

«Moltissimo. Oggi siamo presenti in gran parte dell’Europa, dalla Germania alla Francia, dalla Grecia alla Spagna fino ai paesi scandina. Vendiamo i nostri prodotti anche nei paesi arabi. Abbiamo al nostro interno un team di cuochi in grado di rispondere a ogni esigenza con ricette esclusive. La nostra pasta fresca surgelata è il risultato di un grande lavoro di squadra. Siamo riusciti a crescere una bella squadra. Ormai siamo quasi una famiglia nello stabilimento».

Quanti sono oggi i dipendenti alla Canuti?

«Ne abbiamo 35. Con la nostra gestione il personale, in pochi anni, è cresciuto del 40%. Due persone, tra cui un cuoco, le abbiamo assunte proprio quest’anno. Ci sono poi due figure chiave dello stabilimento, il direttore generale Gilberto Giovannini e il responsabile per produzione e acquisti Matteo Baldacci, che lavorano alla Canuti da tanti anni e che non sono più solo dipendenti: sono diventati nostri soci nell’azienda, seppur con quote di minoranza. Inoltre ci avvaliamo della consulenza della Scuola di direzione aziendale dell’università Bocconi. Non credo siano molte le imprese con dimensioni simili alla nostra a farlo».

La qualità è l’ingrediente ‘segreto’ del successo?

«Per noi la materia prima viene... prima di tutto. Usiamo solo farine italiane, e uova di galline allevate a terra e non degli allevamenti intensivi. Proprio quest’anno abbiamo lanciato una speciale linea biologica e un’altra destinata a vegani e vegeterani. Un’altra novità è la pasta fritta, che sta andando molto bene».

Oggi i grandi cuochi dettano legge, a tavola e in televisione. Brillerà una stella anche ai fornelli della Canuti?

«Abbiamo già anche quella. Alcune settimane fa abbiamo stretto un accordo con il famoso chef stellato Tommaso Arrigoni, che creerà per noi alcuni ripieni ideati appositamente per le paste Canuti. Inoltre ci accompagnerà in alcuni eventi e corsi di formazione. Ma abbiamo le mani in pasta in tanti altri progetti...».