Rimini, 10 gennaio 2014 - UNA ricostruzione di due ore del delitto di Covignano per il pm Davide Ercolani che ieri mattina ha chiesto l’ergastolo per Marco Zinnanti, 24 anni. Nessuna attenuante merita per la pubblica accusa il giovane cresciuto in via Acquario, che la mattina del 2 settembre 2012 ha freddato con due colpi di fucile il tassista Leonardo Bernabini (foto), originario di Verghereto che lo aveva raccolto all’uscita del Classic. «Ha agito con premeditazione, crudeltà e futili motivi — ha detto Ercolani —. Ha ucciso sparando alle spalle a un uomo inerme. Un atto vile, ignobile e perverso. Il codice penale militare di guerra lo punisce con la fucilazione alla schiena».

La ricostruzione del delitto è stata fatta ieri mattina nell’aula del gup Sonia Pasini in rito abbreviato, aperta al pubblico. Il pm ha illustrato la sua tesi con diapositive e l’aiuto di un plastico della scena del crimine. Ha proiettato anche le immagini del covo di via Teodorani dove erano custodite armi, oltre100mila euro, droga e documenti falsi (foto). Tutto per delineare la personalità di Zinnanti. Di quel giovane che dopo una notte di alcol e droga avrebbe reagito alle avances sessuali del tassista andando a prendere il fucile a casa in via Lince, per poi lasciarsi portare nella stradina di Covignano dove lo ha freddato. Il primo colpo, quello che ha ucciso Bernabini, secondo il pm è stato sparato dall’interno dell’auto dal sedile posteriore, alle spalle. Poi il giovane sarebbe sceso ed avrebbe sparato un secondo colpo da davanti accanto al finestrino, infierendo sull’uomo che aveva già la testa fracassata dai pallini. Un testimone lo aveva visto ed aveva urlato da una casa vicina e lui era scappato per i campi dove aveva gettato via il fucile, poi ritrovato carico.

Non vi sono dubbi per la squadra mobile che ha inchiodato Zinnanti che il fucile sia suo e non di Bernabini come aveva tentato di sostenere il killer giurando di averlo trovato sotto il sedile dell’Opel. Eros Zanzani, indagato per favoreggiamento perchè lo aiutò nella fuga, nella scorsa udienza ha dichiarato che quell’arma Zinnanti la conservava nella soffita di casa sua, in via Lince, e gliel’aveva anche mostrata una volta. Per quanto riguarda il movente va di certo ricondotto all’avversione di Zinnanti nei confronti dei gay. Del resto quando gli aveva chiesto se fosse omosessuale «mi aveva risposto cambiando addirittura il tono della voce» ha detto Ercolani.

Secondo la versione di Zinnanti dopo l’arresto, il tassista avrebbe accettato un rapporto sessuale al posto del pagamento della corsa. «Era stata solo una casualità che Bernabini quella mattina avesse fatto salire in auto il suo boia». L’avversione per gli omosessuali, ha ricordato Ercolani, emerge molto chiaramente nell’episodio della Cava dove Zinnanti venne avvicinato da un gay mentre faceva pipì e lui per tutta risposta gli aveva sparato. Dopo la requisitoria, è stata la volta dell’avvocato Vincenzo Gallo, parte civile per i due figli, la sorella e la moglie di Bernabini che hanno seguito composti in aula il processo, solo la sorella si è lasciata sfuggire una frase all’indirizzo dell’imputato: «Dì la verità che è meglio».
Gallo che ha dovuto quantificare per iscritto il danno patito dai famigliari (un milione ciascuno), ha detto: «Immaginatevi di tornare a casa e di non trovare più una persona cara. Qual è il prezzo di questo dolore?».
Il 20 gennaio parlerà il difensore di Zinnanti l’avvocato Marco Ditroia, il 29 è prevista la sentenza.

Lorenza Lavosi