Rimini, il rugby femminile sogna in grande / FOTO

Ecco l'obiettivo ambizioso delle Pellerossa Rugby Club

"L'unione fa la forza": la carica prima del match

"L'unione fa la forza": la carica prima del match

Rimini, 20 settembre 2018 - Se all’ultimo torneo del Sei Nazioni di rugby, disputatosi la scorsa primavera, la Nazionale maschile aveva rimediato una pessima figura, uscendo da ultima classificata e senza nemmeno una vittoria, la Nazionale femminile si era invece dimostrata un’avversaria di tutto rispetto. Ha chiuso infatti al quarto posto, a un passo dalle tre superfavorite (Inghilterra, Irlanda e Francia). Senza dubbio un buon segno per questo sport, da sempre considerato – a torto – una prerogativa esclusivamente maschile.

Mentre le ragazze della Nazionale si battono per i trofei più prestigiosi, su un campetto di Rivabella (RN) un manipolo di ragazze di età compresa fra i tredici e i trentasei anni si allena, a dispetto di qualsiasi avversità meteorologica, per realizzare un sogno: iscriversi al campionato a 15 di serie A. Un obiettivo ambizioso per le Pellerossa Rugby Club di Rimini (FOTO), nate nel 2013 dalla fusione fra la squadra di Rimini e quella di San Marino e tuttora unica squadra di rugby femminile presente nel riminese. Ma è di pochi giorni fa la notizia che tutti i club di rugby femminile romagnoli (Le Fenici di Forlì, Le Scarlets di Imola, le riminesi Pellerossa e Le Muse di Ravenna) si ritroveranno ogni settimana per un allenamento collettivo, facendo tappa nei campi delle rappresentative aderenti all’iniziativa. Costruire una squadra che abbia per base tutta la Romagna: è questa la scommessa lanciata dai responsabili delle rispettive società, che ritengono questo progetto un’occasione di crescita per l’intero movimento femminile. “L’unione fa la forza”, insomma: le attività congiunte inizieranno il 20 settembre a Cesena.

Le agguerrite atlete riminesi sono allenate da Paolo Ferrillo, a sua volta giocatore del Rimini Rugby. Hanno imparato presto a prendere botte sul campo e a reagire, riportando lividi e contusioni che spaventerebbero chiunque. La loro parola d’ordine è resistere: contro il dolore, la fatica degli allenamenti, i contatti spesso duri durante le partite.

Ho sempre amato il rugby, ma fino a qualche anno fa mi limitavo a seguirlo in TV”, esordisce la santarcangiolese Giorgia Piscitelli, 24 anni, una delle “veterane”. “Dopo essermi iscritta al Corso di Laurea in Scienze Motorie a Rimini, sono venuta a conoscenza di questa squadra e non ci ho pensato due volte ad arruolarmi”. Giorgia studia (ora è al secondo anno del Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche dell’Attività Motoria Preventiva e Adattata, sempre al Campus di Rimini), fa la cameriera nei weekend e fra poco ricomincerà ad allenarsi per tre sere a settimana, in previsione della partita della domenica: “Quando la passione per quello che fai è così grande, riesci a conciliare tutto”. “All’inizio mia madre si disperava”, ricorda Giorgia. “Non poteva credere che fossi io il “maschiaccio” di casa, quello che torna dalle partite pieno di fango e di lividi. Adesso i miei vengono sempre a tifare per me, si coprono gli occhi quando prendo le botte”. Un mito decisamente da sfatare, quello per cui il rugby sia uno sport “da uomini”. “Io ci vedo qualcosa di molto femminile, invece”, ribatte Giorgia. “Sta nella complicità, nell’affidarsi alle proprie compagne, nel sapere di non essere sole anche nei momenti più difficili del match. Non tutte sono fatte per lo shopping al centro commerciale di domenica pomeriggio: noi amiamo divertirci così, ma non per questo siamo meno femminili di altre donne”.