Rovigo, 12 febbraio 2011. Il 25 luglio del 2010 arrivò dall’Afghanistan la notizia di un militare italiano morto. E non era vittima di un agguato terroristico. Un capitano dell’esercito era stato trovato privo di vita nel suo ufficio all’aeroporto di Kabul. A 37 anni si era sparato con un colpo di fucile: suicido.

Resta tuttavia qualche dubbio attorno alla morte del capitano Marco Callegaro, capo cellula amministrativa del comando «Italfor Kabul». A sollevare questi interrogativi è il padre Marino, 65 anni operaio in pensione che vive con la moglie Rina a Gavello, in provincia di Rovigo, paese natale del capitano.
«Mio figlio, probabilmente, era venuto a conoscenza di qualcosa che non andava. E lui era una persona che se notava qualcosa che non era corretta, non era in grado di lasciarla perdere. Era il suo carattere».

Marco le aveva detto qualcosa?
«Telefonava spesso. Un giorno di maggio mi ha chiamato e mi ha detto: “Papà, ho fatto una cosa grande. Qui la mensa è uno schifo, ho reclamato e ho messo d’accordo tutti, mi hanno pure applaudito. Voglio fare risparmiare soldi all’Italia”».

E poi cosa è accaduto?
«Pochi giorni dopo quella telefonata, mi è arrivata a casa una lettera spedita da Marco dove da un lato c’era il discorso (scritto in inglese) con la petizione per chiedere un miglioramento del cibo della mensa e, nel retro, c’erano i saluti per noi e una frase che a ripensarci mi fa riflettere».

A cosa si riferisce?
«Oltre a ribadire il fatto che il cibo della mensa faceva pena e che per questo aveva messo d’accordo tedeschi, francesi, greci e turchi per migliorare la situazione, Marco diceva anche: “Pensate, il Comandante italiano sta dalla mia parte, tutti gli italiani sono dalla mia parte (vorrei ben vedere) tranne tre. Ci vogliono sempre i guastafeste”».

Il capitano Callegaro per quindici giorni ai primi di luglio è tornato in licenza in Italia. E’ stato a Bologna dove aveva casa e lavoro, proveniva infatti dal 121° Reggimento di artiglieria contraerei «Ravenna», ha preso moglie e i due figli di 6 e 2 anni ed è partito per Riccione in vacanza. Il 15 luglio era a Gavello per festeggiare il compleanno della madre Rina, poi è ripartito per l’Afghanistan. Doveva restarci per altri sei mesi. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio si è ucciso. Il corpo verrà trovato solo la mattina alle 7 da un carabiniere che ha lanciato l’allarme. «Possibile che nessuno se ne sia accorto prima? A Kabul c’è un’aria così rilassante tanto da riuscire a far dormire tutti i militari, compresi quelli di guardia?», lancia un altro dubbio il genitore. Il capitano Callegaro avrebbe lasciato anche un biglietto il cui contenuto non è però mai stato svelato.
«Ho chiesto più volte di farmi vedere quel biglietto, ma non ho mai ricevuto risposta. Anche se fosse stato composto al computer capirei se l’avesse scritto mio figlio oppure no», dice il padre Marino. «A questo punto ho anche dei dubbi che esista davvero».

Perchè solo adesso le vengono queste perplessità?
«Non ho mai creduto che mio figlio si fosse ammazzato. E i dubbi li ho espressi anche al generale Giorgio Bedeschi che era il comandante di mio figlio quando frequentava l’Accademia. Il generale continua a venirmi a trovare a casa, l’ultima volta è stato qui a Natale, mi ha chiamato anche due settimane fa, per salutarmi. Mi è molto vicino e mi ha suggerito che per sapere cosa c’è scritto sul biglietto c’è bisogno di un avvocato. Ma io un avvocato non me lo posso permettere».