Rovigo, 23 maggio 2011 - Finchè la Regione Veneto non riterrà di modificare la legislazione di sua competenza, deve essere applicata la legge regionale tuttora vigente, secondo cui nella zona di Porto Tolle possono essere costruite esclusivamente centrali alimentate da gas naturale o da fonte alternativa di pari o minore impatto ambientale. E’ quanto sostengono i giudici del Consiglio di Stato, che nei giorni scorsi hanno accolto il ricorso degli ambientalisti contro la ricoversione a carbone e biomasse vergini della centrale termoelettrica di Porto Tolle.

Con questa decisione, pubblicata ieri, i giudici di secondo grado, viene rilevato, hanno applicato la legislazione vigente in materia, sia statale che regionale, nei precisi termini in cui essa è stata recentemente interpretata dalla Corte costituzionale.Infatti, con la sentenza n. 278 del 2010, la Consulta ha affermato che la disposizione statale che fa eccezione ai limiti di localizzazione degli impianti alimentati a carbone deve essere interpretata in senso restrittivo.

Intanto ieri a Roma hanno protestato i circa 300 lavoratori e imprenditori per la riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Dal Delta del Po sono partiti due pullman, in viaggio dalle prime ore dell’alba con oltre 100 operai della centrale. Da Rovigo, altre 100 persone hanno raggiunto la capitale in treno, mentre amministratori locali e altri imprenditori si sono aggregati ai lavoratori nel corso della manifestazione «Una luce per Porto Tolle» in programma dalle 17 a Piazza Farnese. La carovana è stata spinta a Roma dalla forte preoccupazione che l’investimento di Enel, del valore di 2,5 miliardi di euro, potesse tramontare dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato il decreto di compatibilità ambientale favorevole al progetto.

 «Bisogna scongiurare l’ipotesi di trasferimento del progetto e difendere l’indotto e le professionalità che ruotano intorno alla centrale». A Piazza Farnese è giunto un altro centinaio di operai provenienti dalle centrali di Civitavecchia, Brindisi, Rossano Calabro e Porto Empedocle. C’erano anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni e il vescovo di Chioggia, Adriano Tessarollo. Tutti i lavoratori hanno manifestato pacificamente, circa 400 persone, con gli slogan «Sì al lavoro, Sì al carbone pulito», «100% carbone pulito», «Non facciamo scherzi», «Un consiglio (di Stato): giù le mani dalla centrale». L’iniziativa segue alla sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato il decreto di compatibilità ambientale per la riconversione a carbone «pulito».

Manifestanti indossano magliette con la scritta «In coal we trust». Una delegazione guidata dall’onorevole Emanuela Munerato (Lega Nord), accompagnata dall’assessore del Comune di Porto Tolle Ivano Gibin (Lega Nord), ha chiesto un incontro a Palazzo Chigi con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta.
«Vogliamo che la centrale e le aziende dell’indotto continuino a dare lavoro. La sentenza del Consiglio di Stato - spiegano i lavoratori - condanna un investimento già autorizzato dal Ministero dell’Ambiente e legittimato dal Tar Lazio. Così si mette a rischio il futuro delle nostre famiglie e dell’economia del territorio».